Articolo 18, Fornero incostituzionale: cosa cambia sui licenziamenti
"Obbligo reintegro per
licenziamenti economici manifestamente insussistenti".
2 Aprile 2021
La Corte Costituzionale, così come aveva fatto col Jobs act di renziana memoria, boccia
anche l’approccio della legge Fornero in tema di articolo 18 dello statuto dei
lavoratori e licenziamenti. Se il licenziamento risulta ingiusto non può essere
la specifica dei ‘motivi economici’ a giustificarlo, e il lavoratore deve
essere riassunto.
La bocciatura del Jobs
act
La Corte aveva già dato l’altolà al Jobs act, la riforma del
lavoro voluta dal governo Renzi, dichiarando illegittimo l’articolo 3, comma 1,
del Decreto legislativo n.23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato
a tutele crescenti, nella parte – non modificata dal successivo “Decreto
dignità” – che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore
ingiustificatamente licenziato.
In particolare, spiegarono allora i
giudici, “la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola
anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi
di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del
lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”, aggiungendo che tutte
le altre questioni relative ai licenziamenti sono state dichiarate
inammissibili o infondate.
Licenziamenti
economici
In caso di ‘licenziamenti economici’ è ”obbligatoria la reintegra se il fatto è manifestamente
insussistente”. Lo afferma la Corte Costituzionale nella
sentenza con la quale ha dichiarato ”incostituzionale l’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori, nel testo modificato dalla ‘riforma Fornero’, con
riferimento all’articolo 3 della Costituzione”.
”In un sistema che, per scelta
consapevole del legislatore, attribuisce rilievo al presupposto comune
dell’insussistenza del fatto, e a questo presupposto collega l’applicazione
della tutela reintegratoria del lavoratore”, si legge in una nota, si rivela ”disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza” il
”carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli
licenziamenti economici, a fronte dell’inconsistenza della giustificazione
addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e
semplice insussistenza del fatto”.
In particolare, la Corte ha ”censurato
la norma nella parte in cui prevede che il giudice, una volta accertata la
manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per
giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare”, invece che “applica
altresì” la tutela reintegratoria”, si spiega nella nota. In particolare, il
principio di eguaglianza ”risulta violato se la reintegrazione, in caso di
licenziamenti economici, è prevista come facoltativa, mentre è obbligatoria nei
licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, quando il
fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente”.
Secondo la Consulta ”non si giustifica un diverso trattamento riservato ai
licenziamenti economici, nonostante la più incisiva connotazione
della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come manifesta’’. Alla
”violazione del principio di eguaglianza”, secondo la Consulta si associa
”l’irragionevolezza intrinseca del criterio distintivo adottato, che conduce a ulteriori
e ingiustificate disparità di trattamento”.
Per i licenziamenti economici, infatti,
”il legislatore rende facoltativa la reintegrazione, senza offrire
all’interprete un chiaro criterio direttivo”, osserva la Corte. La scelta tra
due forme di tutela ”profondamente diverse, quella reintegratoria, pur nella
forma attenuata, e quella meramente indennitaria, è rimessa a una valutazione
del giudice, disancorata da precisi punti di riferimento”.
Resta fermo che al giudice si riconosce
una discrezionalità che non deve ‘‘sconfinare in un sindacato di congruità e di
opportunità’’ dunque non può né deve lambire le scelte imprenditoriali, spiega
la Consulta. ‘‘Il vaglio della genuinità della decisione imprenditoriale
garantisce che il licenziamento rappresenti pur sempre una extrema ratio e non
il frutto di un insindacabile arbitrio’’ .
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