ARCHEOLOGIA
Scavi di Stabia, omaggio a D’Orsi il “liberatore” delle ville romane
Venerdì 10 e sabato 11 in scena nel sito di Varano a Castellammare una piece del regista Fabio Cocifoglia per ricordare il preside che riportò alla luce le antiche dimore
Per il “liberatore” delle ville dell’antica Stabiae, Libero – all’anagrafe Liberato - D’Orsi, fu addirittura scomodato l’appellativo di «novello Schliemann». Si trattava, evidentemente, di un’affettuosa esagerazione soprattutto perché Stabiae non è paragonabile all’antica Troia, che non era un semplice, per quanto prediletto, luogo d’otium della vasta provincia di Roma antica ma una vera superpotenza dell’antichità, location del poema probabilmente più imponente della letteratura occidentale. E poi, perché, in realtà, ad avviare per conto dei Borbone, le prime campagne di scavo “predatorie”, sul ciglio della collina di Varano a Castellammare era già stato, a metà del Settecento, l’ingegnere svizzero Karl Weber. Ma, a ben guardare, tra le due personalità esiste più di un tratto comune. Entrambi, tanto per cominciare, non erano archeologi, nel senso che non avevano seguito la trafila classica per diventarlo: nella prima metà della sua vita, il tedesco era, infatti, stato un imprenditore, pare anche senza tanti scrupoli; D’Orsi invece si era dedicato, lontano fino al termine della Seconda guerra mondiale dalla sua Castellammare, all’insegnamento e poi alla funzione superiore di preside, o dirigente scolastico come si direbbe ora. Ma è evidente che il fuoco sacro, la passione per le vestigia della classicità bruciasse in tutti e due fin dalla giovinezza. Li unisce anche un elemento del carattere: la ferrea determinazione, che non sarebbe sbagliato definire ossessiva ostinazione. Dritti verso l’obiettivo, a qualunque costo. E, a proposito di risorse, mentre Schliemann poteva contare sul cospicuo patrimonio personale messo insieme prestando soldi ai cercatori d’oro negli Stati Uniti e rifornendo l’esercito russo di armi e vettovaglie durante la guerra di Crimea, D’Orsi non disponeva di fondi sufficienti a condurre in porto l’impresa. Ma con pochi mezzi e l’aiuto di un bidello della scuola media da lui diretta e di un meccanico disoccupato, nel gennaio del 1950 avviò comunque gli scavi. Prima nell’ipogeo paleocristiano della Gotta san Biagio e, un mese dopo, sulla sovrastante collina di Varano dove riuscì a riportare alla luce i primi ambienti di Villa Arianna, così chiamata per un affresco rinvenuto in un ampio triclinium raffigurante l’abbandono sull’isola di Nasso della figlia del re cretese Minosse da parte di Teseo. Fu un azzardo calcolato, un colpo di mano di stampo garibaldino per mettere le autorità di fronte al fatto compiuto. Davanti alle prime evidenza della campagna di scavo non si sarebbe potuto più far finta di niente. E così il preside, nominato appena un anno prima soprintendente onorario alle Antichità e Belle arti, tutt’altro che pago del riconoscimento fine a sé stesso, si diede da fare per riempire la carica, onoraria, di contenuti. La campagna di scavo sul ciglio della collina di Varano proseguì con successo, con il ritrovamento della vasta Villa San Marco, estendendosi progressivamente alle ville rusticae dell’Ager stabianus. Un’imponente quantità di reperti venuti alla luce fu conservata in alcuni locali della scuola media “Stabiae”, nell’antiquarium inaugurato nel 1958 dallo stesso D’Orsi. Ma si trattava pur sempre di una sistemazione provvisoria, rivelatasi presto inadatta alla fruizione. La precaria struttura museale fu chiusa negli anni Novanta, una quindicina di anni dopo la scomparsa del preside, avvenuta nel 1977, all’età di 89 anni. E solo nel settembre del 2020 i reperti hanno trovato una più idonea e razionale sistemazione nel Museo archeologico di Stabia, ubicato nella Reggia borbonica di Quisisana e intitolato opportunamente alla memoria del D’Orsi.
E proprio a Villa Ariana, dove tutto ebbe inizio, stasera e domani, andranno in scena le ultime repliche dello spettacolo «Stabiae Liberata» ovvero «dalle memorie di Liberato D’Orsi l’incredibile storia della riscoperta dell’antica Stabiae». Lo spettacolo porta la firma della Casa del Contemporaneo e rientra nel programma Campania by night 2021 a cura della Regione Campania e di Scabec. Il testo teatrale che sarà rappresentato ha come protagonisti il preside e il fedele bidello don Ciccio, ed è stato pensato e scritto dal regista Fabio Cocifoglia con la consulenza scientifica del Comitato per gli Scavi di Stabia. Un viaggio intimo nell’animo dell’uomo, un’immersione nell’interiorità profonda nel tentativo di riportare alla luce «quel sotto dell’essere umano – come si legge nella nota di presentazione - fatto di citazioni di poeti, di uomini di lettere e filosofia, dove non si è mai soli ma nella buona compagnia della più grandi menti del passato».
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