Neviera Arcibessi |
Fino ad una certa età avevo
creduto che il ghiaccio che mangiavamo grattato addizionato con sciroppi di
vario gusto fosse solamente quello prodotto dalla fabbrica che si trovava in
via Luigi Densa.
La “bacchetta” come veniva
normalmente chiamata la forma nella quale era prodotto, per essere trasportato,
veniva avvolta in un sacco di iuta che aveva il pregio di impedirle di sfuggire
alla presa e nello stesso tempo di ridurne lo scioglimento al minimo fino alla
fase di utilizzo sul banchetto di vendita o nelle altre attività per le quali
era stato acquistato.
Il ghiaccio veniva prelevato con
un attrezzo di alluminio che era armato con una lama nella parte inferiore che
veniva passata sulla bacchetta. La neve grattugiata si raccoglieva all’interno
del contenitore che veniva svuotato quando si era riempito.
Il venditore, in genere, era lo
stesso che vendeva la granita di limone, oppure era uno di quelli che viveva
facendo i mestieri che le stagioni suggerivano per cui un giorno vendeva i
cazzimbocchi, detti anche cazzibbocchi e cazzibò, per la loro somiglianza ai
cubetti di porfido utilizzati per pavimentare le strade, un altro le
pannocchie, un altro le fave, un altro le noci e via così, riuscendo, in alcuni casi a raggranellare una
piccola fortuna sfuggendo con le loro improvvisazioni e l’atteggiamento bonario
delle forze dell’ordine sia ai controlli igienici, sia a quelli tributari che
non erano particolarmente attenti nei confronti di quelli che vivevano alla
giornata che era e forse ritornerà
quanto prima di moda, come un altro modo di sopravvivere alla miseria che
avanza.
Nel dopo guerra i frigoriferi di
oggi non erano ancora arrivati nelle nostre case anche se si aveva notizia
della loro esistenza nei paesi più progrediti (vedi gli Stati Uniti), al
massimo qualcuno faceva uso delle ghiacciaie dove veniva introdotto del ghiaccio
che si cospargeva di sale per non farlo sciogliere rapidamente che serviva a
raffreddare lo spazio del mobiletto che veniva utilizzato per conservare le
derrate alimentari più deperibili. Le macellerie avevano delle grosse celle refrigerate
da impianti che andavano ad ammoniaca.
Nelle famigle che vivevano di
stipendio o salario si compravano piccole quantità dei prodotti che venivano
consumate nel giro di qualche giorno facendo attenzione a tenerle lontano da
sorgenti di calore.
Di venditori di ghiaccio nella
mia fanciullezza non ne avevo mai sentito parlare in quanto per conservare la
carne dei maiali che i miei nonni materni macellavano e tenevano per loro
venivano messe sotto sale o trasformate in prodotti che ne consentivano la
conservazione per molti mesi in locali ben ventilati ed asciutti come ancora
avviene.
Ne presi nota leggendo i giornali
che arrivavano in casa o ascoltando i racconti dei più anziani che raccontavano
di persone che si dedicavano in montagna sia alla produzione del carbone di
legna e della carbonella sia all’ammasso della neve in grandi fosse dove l’ammassano su strati di foglie per
isolarla dal terreno che sarebbe diventato inevitabilmente fangoso rovinando il
prodotto.
Le fosse erano più di una
permettendo di gestire il prodotto per alcuni mesi fino all’esaurimento.
Il prodotto veniva tagliato con
seghe come quelle che adoperavano i boscaioli per tagliare tronche di grosse
dimensioni o dai maestri d’ascia nei cantieri navali per ridurli in tavole.
I pezzi tagliati avevano la forma
dei parallelepipedi per ottenere corpi lunghi ma si spessore adeguati alla
presa e una migliore sistemazione su carretti di cui si servivano.
Il traffico incominciava con l’arrivo
della primavera quando l’aria diventava più tiepida e si sentiva la necessità
di raffreddare gli alimenti più deperibili. Nelle prime ore del mattino quando la luce del
giorno permetteva di compiere le operazioni di taglio e di pulitura del
prodotto per esentarlo dalle impurità che potevano scaturire durante gli
spostamenti e la collocazione sul mezzo di trasporto.
Le cosiddette neviere hanno
rappresentato l’unica possibilità di procurarsi un prodotto che altrimenti non
era possibile produrre fino all’inizio del ‘900. Le neviere erano
costruitrealizzate adottando particolari misure che dovevano consentire di
conservare la neve ghiacciata anche durante l’estate ritardandone la
liquefazione. Il loro ingresso era per lo più rivolto a Nord, per ridurre
l’azione su di esse l’azione del sole. Fuori dal nostro territorio si racconta
di neviere presenti in Puglia che
reggevano tutto il fabisogno locale. Alcune di esse sono rimaste in esercizio
fino al 1914 con incarichi dell’amministrazioni locali.
La neve raccolta veniva
compressa con pale o altri mezzi a disposizione affinchè compattandola il più
possibile assumesse le caratteristiche del ghiaccio. Si formavano strati alti
dai 20 ai 30 cm
alternando strati di paglia di circa 1° cm per avere pronti i livelli di neve
da tagliare. Con questo metodo si arrivava a produrre ammassi che raggiungevano
i 5 m
sulla sommità dei quali si poneva altra paglia o strato di foglie per assicurare
al prodotto un migliore isolamento termico.
La raccolta veniva effettuata
ogni qualvolta le precipitazioni erano copiose,
abbondanti. Le classi più abbienti provvedevano per i loro bisogni, ma col
tempo erano nate anche delle neviere
regolamentate dalle amministrazioni pubbliche per assicurare il ghiaccio
anche alle popolazioni meno abbienti. Il contratto di gestione duravano un
anno, quando non era il privato stesso ad organizzarsi.
Le regole imposte prevedevano un
acquisto non superiore ai 5 Kg
mentre per i gelatai ne potevano acquistare fino a 20 Kg prenotandosi con un
anticipo di 48 ore.
A vigilare sulla qualità era
sempre l’autorità comunale, il cui giudizio era insindacabile. Per gli usi
alimentari valeva il concetto che doveva essere rigorosamente pura “da
bicchiere”.
Il produttore doveva garantire
nel suo spaccio una disponibilità giornaliera minima di un quintale, mentre gli
era concesso un tempo non superiore alle sei ore per rifornire lo spaccio per
soddisfare le richieste.
Neva/neve: neve, ghiaccio.
Nevajola: venditrice di neve.
Nevaiuolo: venditore di neve.
Nevera: deposito di neve, neviera.
Alcune altre NEVIERE
Modo di dire: friddo cchiù de nevera; / di chi non ha grazia nel parlare
o di chi non ama.
Nessun commento:
Posta un commento