Francesco Verio:
artista di seconda generazione
Tra i giovani artisti, emersi in questi ultimi anni, un posto di grande rilievo è stato raggiunto da Francesco Verio il quale, con tenacia e perseveranza, ha saputo farsi notare ed apprezzare da critici e dai collezionisti per la sua pittura fortemente espressiva alla quale va aggiunta la sensibilità dell'artista che la presenta in maniera originale e facilmente riconoscibile.
Figlio di Alberto Chiancone, personalità di grande spicco della pittura napoletana, ha preferito rinunciare nella sua carriera artistica, al cognome del padre e a presentarsi come uno dei molti giovani che si affacciano nel campo dell'arte, per essere valutato liberamente senza i tanti pregiudizi che un tale cognome avrebbe potuto comportare sia positivamente che negativamente e questo va ad onore del giovane Verio!
Si è formato all'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Armando De Stefano, Enrico Caiati, Alfonso De Siena ma, prima ancora gli era stato maestro il padre. Notevole quindi la sua preparazione, che influisce non solo sulle opere che egli realizza, ma anche sul carattere dell’uomo.
Nel 1978, a meno di venti anni, partecipa alle prime collettive e rassegne d'arte e del 1985 sono le sue prime mostre personali. Delle opere di Francesco Verio, si è spesso parlato di neo-espressionismo. Ovviamente ogni definizione o categorizzazione porta con sé i problemi e i limiti di un'etichetta che cerca, in maniera predeterminata, di inquadrare il pensiero di un artista.
Ciò che può riferirsi ad "espressionismo" per quanto riguarda il pensiero di Verio è la sua assoluta originalità e spontaneità nell'interpretare la realtà: nella sua pittura, non vi è neppure un velo di ottimismo; ma si può essere ottimisti quando si analizzano gli uomini, le cose e i problemi di tutti i giorni? L'arte non è frutto della vita, ma la vita stessa che viene fuori dai quadri e dai disegni; essa è la dura vita dell'uomo contemporaneo.
Verio che infatti ha attinto arti e tecniche da una parte importante dell'accademia napoletana, ha imparato, più di altri, la lezione dei predecessori: ha tralasciato tutte le strade, per un percorso dove le figure non nascono incidentalmente, ma sono il risultato della sua azione pittorica.
Non parlano per lui i colori caldi né le figure ordinarie e banali, né i soliti temi. Verio parla direttamente con la sua intelligenza e riesce a comunicare, con estrema semplicità, alla gente, la sua arte, rappresentata dal complesso sistema di impressioni della vita quotidiana e della incidenza che esse hanno sulla memoria: ogni dipinto, un fatto; ogni fatto, un personaggio; ogni personaggio, un mondo.
La data di nascita lo fa considerare da molti certamente un pittore giovane, anche se Verio espone oramai da ventidue anni. Tuttavia, l'epoca che Verio ha vissuto come pittore coincide con uno svuotamento dei temi nelle arti figurative e nelle arti in generale, contemporaneo ad uno svuotamento totale dei valori umani nella realtà.
L'individuo è gettato nella solitudine, emarginato nei suoi rapporti sociali, insoddisfatto del suo lavoro; triste e malinconico affonda. Le tele di Verio assorbono e mostrano pienamente questa sensazione violenta nei confronti di una realtà che vede l'uomo sempre più ripiegarsi in se stesso, vinto ma non prostrato, sofferente ma non morto.
Verio, munito di linearità culturale e intellettuale, dotato di un grande talento di artista, riconquista alla pittura il quotidiano, ma crea figure delicate e orribili giocando coi semplici gesti delle persone per trasformarle in grotteschi simboli: il naturale diventa grottesco.
La sua città natale, Napoli, da sempre in bilico tra cartolina oleografica e degrado sociale viene presa da Verio per giocarci. Reinterpreta ogni stereotipo, è ciò gli riesce con estrema facilità grazie alle sue capacità, e Pulcinella risulta cambiato, diverso, non più maschera, ma personaggio vivo con una propria vita interiore.
Nelle composizioni di più figure, gli oggetti, le abitudini, anche quelle che si nascondono ai nostri sguardi distratti, prendono esistenza, cominciano a pulsare. E la sua interpretazione della vita si sostituisce a quella delle persone, oramai stanche di chiedere e di chiedersi!
Verio appartiene a quella generazione di persone che, nate in ogni epoca, si avvicinano alla realtà con ironia critica e mai abbandono.
Per lui, ben si adatta ciò che Ventura, nella "Storia della critica d'arte " afferma: " la creatività appartiene all'uomo, senza distinzione di tempo e luogo, a qualsiasi uomo che sente ed immagina. Eppure l'immaginazione non si esaurisce nella creatività, ma partecipa aderendo o ribellandosi alla vita della propria epoca. Perciò, l'arte trascende la storia e nello stesso tempo partecipa alla storia".
Supportato da tante valide capacità e da intelligenza non comune, il " giovane pittore " è da considerarsi ormai grande e la sua parabola artistica, lungi dal concludersi si pone svettante per il raggiungimento di ulteriori ambiziosi traguardi che non tarderanno a venire.
Figlio di Alberto Chiancone, personalità di grande spicco della pittura napoletana, ha preferito rinunciare nella sua carriera artistica, al cognome del padre e a presentarsi come uno dei molti giovani che si affacciano nel campo dell'arte, per essere valutato liberamente senza i tanti pregiudizi che un tale cognome avrebbe potuto comportare sia positivamente che negativamente e questo va ad onore del giovane Verio!
Si è formato all'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Armando De Stefano, Enrico Caiati, Alfonso De Siena ma, prima ancora gli era stato maestro il padre. Notevole quindi la sua preparazione, che influisce non solo sulle opere che egli realizza, ma anche sul carattere dell’uomo.
Nel 1978, a meno di venti anni, partecipa alle prime collettive e rassegne d'arte e del 1985 sono le sue prime mostre personali. Delle opere di Francesco Verio, si è spesso parlato di neo-espressionismo. Ovviamente ogni definizione o categorizzazione porta con sé i problemi e i limiti di un'etichetta che cerca, in maniera predeterminata, di inquadrare il pensiero di un artista.
Ciò che può riferirsi ad "espressionismo" per quanto riguarda il pensiero di Verio è la sua assoluta originalità e spontaneità nell'interpretare la realtà: nella sua pittura, non vi è neppure un velo di ottimismo; ma si può essere ottimisti quando si analizzano gli uomini, le cose e i problemi di tutti i giorni? L'arte non è frutto della vita, ma la vita stessa che viene fuori dai quadri e dai disegni; essa è la dura vita dell'uomo contemporaneo.
Verio che infatti ha attinto arti e tecniche da una parte importante dell'accademia napoletana, ha imparato, più di altri, la lezione dei predecessori: ha tralasciato tutte le strade, per un percorso dove le figure non nascono incidentalmente, ma sono il risultato della sua azione pittorica.
Non parlano per lui i colori caldi né le figure ordinarie e banali, né i soliti temi. Verio parla direttamente con la sua intelligenza e riesce a comunicare, con estrema semplicità, alla gente, la sua arte, rappresentata dal complesso sistema di impressioni della vita quotidiana e della incidenza che esse hanno sulla memoria: ogni dipinto, un fatto; ogni fatto, un personaggio; ogni personaggio, un mondo.
La data di nascita lo fa considerare da molti certamente un pittore giovane, anche se Verio espone oramai da ventidue anni. Tuttavia, l'epoca che Verio ha vissuto come pittore coincide con uno svuotamento dei temi nelle arti figurative e nelle arti in generale, contemporaneo ad uno svuotamento totale dei valori umani nella realtà.
L'individuo è gettato nella solitudine, emarginato nei suoi rapporti sociali, insoddisfatto del suo lavoro; triste e malinconico affonda. Le tele di Verio assorbono e mostrano pienamente questa sensazione violenta nei confronti di una realtà che vede l'uomo sempre più ripiegarsi in se stesso, vinto ma non prostrato, sofferente ma non morto.
Verio, munito di linearità culturale e intellettuale, dotato di un grande talento di artista, riconquista alla pittura il quotidiano, ma crea figure delicate e orribili giocando coi semplici gesti delle persone per trasformarle in grotteschi simboli: il naturale diventa grottesco.
La sua città natale, Napoli, da sempre in bilico tra cartolina oleografica e degrado sociale viene presa da Verio per giocarci. Reinterpreta ogni stereotipo, è ciò gli riesce con estrema facilità grazie alle sue capacità, e Pulcinella risulta cambiato, diverso, non più maschera, ma personaggio vivo con una propria vita interiore.
Nelle composizioni di più figure, gli oggetti, le abitudini, anche quelle che si nascondono ai nostri sguardi distratti, prendono esistenza, cominciano a pulsare. E la sua interpretazione della vita si sostituisce a quella delle persone, oramai stanche di chiedere e di chiedersi!
Verio appartiene a quella generazione di persone che, nate in ogni epoca, si avvicinano alla realtà con ironia critica e mai abbandono.
Per lui, ben si adatta ciò che Ventura, nella "Storia della critica d'arte " afferma: " la creatività appartiene all'uomo, senza distinzione di tempo e luogo, a qualsiasi uomo che sente ed immagina. Eppure l'immaginazione non si esaurisce nella creatività, ma partecipa aderendo o ribellandosi alla vita della propria epoca. Perciò, l'arte trascende la storia e nello stesso tempo partecipa alla storia".
Supportato da tante valide capacità e da intelligenza non comune, il " giovane pittore " è da considerarsi ormai grande e la sua parabola artistica, lungi dal concludersi si pone svettante per il raggiungimento di ulteriori ambiziosi traguardi che non tarderanno a venire.
ROBERTO VALENTINI
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