C.mare: Le 28 acque della salute buttate in mare da due anni
Castellammare di Stabia. Dalle 28 fonti di Stabia sgorgano quattro litri d’acqua al secondo senza sosta. Le chiamano acque della salute. Ma sono intrappolate in uno stabilimento chiuso al pubblico. Così, l’acqua minerale che attraversa il fianco della collina finisce inesorabilmente in mare senza portare nessuna ricchezza. Tanto che la città delle acque rischia di perdere quelle acque, che secondo la legge sono di proprietà regionale ma vanno curate, analizzate e poi sfruttate dal concessionario, in questo caso il Comune. E per i cittadini è stata chiusa anche la mescita che era stata aperta in maniera provvisoria qualche mese fa. Lo stabilimento chiuso è quello delle Antiche Terme, dal 2007 interessato da lavori di ristrutturazione milionari, ad un passo dalla riapertura definitiva lo scorso anno ma travolto anch’esso dal fallimento della municipalizzata «Terme di Stabia spa» avvenuto nel marzo del 2015. E qui la faccenda si fa complicata, tra Comune, curatela fallimentare, partecipate, stabilimenti ed ex lavoratori di Terme. Proprio questi ultimi, pochi giorni fa, hanno chiesto alla commissione prefettizia (che amministra l’Ente dopo lo scioglimento del Consiglio) la riapertura delle Antiche Terme. Sarebbe la via più veloce per tornare a parlare di acqua e di termalismo in città: il restauro del complesso di piazza Amendola è pressoché terminato, con tanto di collaudo tecnico, e soprattutto è di proprietà comunale. A differenza della struttura nuova, un tempo gestita da Terme e di proprietà di Sint (altra partecipata comunale): in atto, per la restituzione dello stabilimento che sorge sulla collina del Solaro, c’è una diatriba tra curatela fallimentare e Sint, appunto. I due stabilimenti sono collegati da una meravigliosa opera d’ingegneria che trasporta l’acqua dal centro alla collina. Le Antiche Terme furono aperte eccezionalmente nel 2012 per alcuni spettacoli all’aperto e a pagamento (i cui organizzatori dimenticarono di pagare la concessione dell’area). Successivamente il complesso è salito alla ribalta per i continui vandalismi e nei giorni scorsi per un’istanza presentata da un gruppo di imprenditori stabiesi per riqualificare e gestire la struttura. Subito dopo il fallimento di Terme lo scorso anno, un gruppo di lavoratori ha occupato lo stabilimento e, trovando al suo interno degrado e allagamenti, ha effettuato opere di manutenzione. Nel frattempo sono aumentate le ombre sul restauro, tanto che in diversi documenti resi noti dal Comune si trova traccia di errori progettuali, ritardi, esposti a carabinieri e Procura nonché un’istruttoria avviata dall’Anac. Le Antiche Terme sono poi state riaperte per poche ore al giorno, a singhiozzo, così come la mescita esterna: poi subito di nuovo chiuse. Castellammare, insomma, avrebbe bisogno del termalismo e delle sue acque che ora spreca e che per il futuro rischia di perdere. Il Comune ha già pagato i canoni alla Regione per il 2016: circa 7mila euro per lo sfruttamento delle acque del «Gruppo Stabiano», del «Gruppo Vanacore» e dell’«Acqua della Madonna» (quest’ultima si trova fuori dalle Antiche Terme in altri locali oggetto di manutenzione straordinaria da pochi giorni). L’Ente è in attesa dell’approvazione del nuovo Piano di settore da parte della Regione: nel concreto significa che Palazzo Santa Lucia dovrebbe pubblicare a breve dei bandi per la gestione delle sorgenti. E a Castellammare è corsa contro il tempo per avere i requisiti e per dimostrare di meritarsele ancora, quelle acque che l’hanno resa famosa nel mondo.
(Francesco Ferrigno – Il Mattino)
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