Covid, Crisanti: “Qualcosa non sta funzionando”. L’elemento che dovrebbe preoccuparci
Secondo il direttore di Microbiologia e Virologia dell'Università di Padova, ora ci stanno salvando le temperature favorevoli, ma in inverno la situazione potrebbe peggiorare
19 Giugno 2020
Il virus sta circolando ancora: parola di Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, che nelle interviste rilasciate nelle ultime ore torna a parlare della situazione della pandemia di Covid-19 nel nostro Paese.
A quasi un mese e mezzo dalla ripresa delle attività economiche, i numeri dei contagi restano bassi. Ma per Crisanti, al quale – secondo le indiscrezioni – la Procura di Bergamo avrebbe chiesto di fare da consulente alla pm Maria Cristina Rota nell’inchiesta sulle mancate zone rosse ad Alzano e Nembro, c’è un elemento che deve preoccuparci: i nuovi casi, ha spiegato, non diminuiscono da settimane, e gli scostamenti sono minimi. “Qualcosa non sta funzionando”, afferma l’esperto.
Covid e fattore climatico
Le criticità si registrano in particolar modo in Lombardia, dove “non si sta facendo il tracciamento dei casi, non li si sta cercando e isolando”, altrimenti il calo sarebbe proseguito. E se gli esperti in passato si sono divisi sul fatto che il Covid-19 sia sensibile al fattore climatico, secondo Crisanti dobbiamo ringraziare l’innalzamento delle temperature per il miglioramento della situazione: “Siamo fortunati che il virus pare sensibile alle condizioni climatiche, altrimenti eravamo rovinati”, ha detto al Messaggero parlando dei casi di assembramento registratisi negli ultimi giorni, in particolare a Napoli dopo la vittoria della Coppa Italia. E ha aggiunto: “Ma ciò che ci sta salvando ora, non ci salverà in autunno-inverno”.
Seconda ondata, il rischio c’è
Il pericolo di una seconda ondata, insomma, per il consulente della regione Veneto c’è ed è da non sottostimare. Anche perché, a suo avviso, il nostro Paese avrebbe dovuto sfruttare questo periodo favorevole a livello climatico per “portare vicino a zero i casi positivi, in modo da ridurre al massimo la base di infetti per quando tornerà il freddo e la situazione climatica sarà favorevole a Sars-CoV-2”. E invece “non ci stiamo riuscendo. Non va bene”, ha sottolineato.
Crisanti ha ammesso i tanti aspetti del virus rimasti incompresi dalla comunità scientifica: “Non abbiamo capito molto. Ci sono ancora molte, molte cose da capire”.
Remuzzi: nuovi casi con carica virale bassa
L’analisi dello stimato consulente della regione Veneto contrasta con quella, decisamente più rassicurante, del direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, Giuseppe Remuzzi. Ad avviso di quest’ultimo, infatti, “non bisogna confondere il numero di tamponi” positivi “con l’andamento dell’epidemia”: i nuovi casi di positività avrebbero infatti una carica virale molto bassa, e quindi “non contagiosa”, ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera.
“Li chiamiamo contagi”, ha aggiunto, “ma sono persone positive al tampone”. Remuzzi è quindi convinto che le autorità sanitarie e politiche debbano “qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie di Rna non è contagiosa”, per cui “non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia”.
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