CASTELLAMMARE DI STABIA : PERSONAGGI ILLUSTRI – ANNIBALE RUCCELLO
Annibale Ruccello nasce a Castellammare di Stabia nel 1956. Dopo una prima esperienza con Roberto De Simone nel 1978 dà vita alla cooperativa teatrale “Il Carro” con la quale mette in scena numerosi testi. Si segnala nel 1980 con “Le cinque rose di jennifer”, di cui è anche interprete, che riscuote molto successo sulle scene nazionali; nel 1983 mette in scena ” Notturno di donna con ospiti” e nel 1985 “Weekend”.
Nel 1985 vince il premio IDI con “Ferdinando” allestito nel 1986, segnalandosi all’attenzione nazionale.
Ultimo suo lavoro è “Mamma. Piccole tragedie minimali”, monologo con il quale partecipa al Festival di Montalcino del 1986. Prima di morire in un terribile incidente d’auto sulla Roma-Napoli il 12 settembre del 1986, Ruccello stava curando la regia de “La fiaccola sotto il moggio” di Gabiele D’Annunzio per il Teatro Popolare di Roma e stava inoltre lavorando alla fusione della cooperativa teatrale “Il Carro” con il Teatro Nuovo di Napoli, allo scopo di dar vita ad un centro di produzione teatrale. Una volta – nel 1980, prima del terremoto – Jennifer abitava in una casa dei Quartieri Spagnoli, indossava una vestaglia fatta con le tende di merletto e ascoltava Radio Cuore Libero, con le canzoni di Patty Pravo, di Milva e persino di Orietta Berti.
Poi – nel 1986, dopo il terremoto – abitò in una casa di un quartiere residenziale, indossò una vestaglia di raso bianco e ascoltò Radio Enola Gy, con le canzoni di Raffaellà Carrà e della Mina-strenna natalizia.Non a caso dunque, Annibale Ruccello volle riscrivere “Le cinque rose di Jennifer”, il testo che lo aveva imposto all’attenzione della critica e del pubblico nazionale.In breve, il travestito protagonista di quell’atto unico diventava, tout court, un simbolo di Napoli: e, di conseguenza, accadeva che il testo medesimo non descriveva Napoli, ma puramente e semplicemente era Napoli.
Una Napoli, s’intende, considerata in quanto corpo storico, colta, cioè nel suo divenire e nel magma delle sue contraddizioni sociali e culturali, al di là di qualsiasi preclusione ideologica.
In altri termini, il travestito Jennifer costituiva il sacerdote e, ad un tempo, la vittima di un’ autorappresentazione che celebrava unicamente un valore d’oggetto e di merce di scambio. E chi può dire che questo non fosse ( e, per molti versi, non sia ancora) lo stesso destino di Napoli ? In un simile quadro, allora, deflagra la verità umana dei personaggi di Annibale, figli, evidentemente, delle mutazioni antropologiche indotte dalla civiltà post-industriale: figure – accanto a Jennifer, la Adriana di ” Notturno di Donna con Ospiti”, la Ida di “Week-end”, la Clotide di “Anna Cappelli” – figure “deportate”, come le definiva lui. Deportate, è ovvio, dalla loro cultura e dai loro valori originari e genuini. Ma riscattate e rivitalizzate, al fondo, da un sentimento che , innervato d’ironia, rappresenta il segno certo di un grande teatro.
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