“La capera era la
parrucchiera a domicilio, antenata napoletana del coiffeur. Il suo era un mestiere
duro, fatto di arrampicate per vicoli e per scale, esposto alle lamentele di
una clientela difficile; non a caso il proverbio dice "lo denaro della
capera è denaro che sa de fele". I suoi ferri del mestiere erano i
pettini, le "pettinesse" e le pinze infuocate per arricciare i
boccoli tirabaci.
Particolari acconciature erano studiate per le "maeste", ossia le popolane di riguardo, alla vigilia del pellegrinaggio al santuario mariano di Montevergine.
Particolari acconciature erano studiate per le "maeste", ossia le popolane di riguardo, alla vigilia del pellegrinaggio al santuario mariano di Montevergine.
Lavorando a domicilio, inoltre, la capera raccoglieva sfoghi, indiscrezioni, notizie sussurrate; prometteva di non riferire ad anima viva ciò che aveva saputo in via confidenziale, ma quasi mai manteneva questo impegno. Così capera è divenuto, ed è tuttora, sinonimo di donna pettegola.
Raffaele Mastriani, a proposito della capera, così scriveva: "la capera si chiama ordinariamente Luisella, Giovannina, Carmela; ella veste sempre con molta nettezza ed anche con alquanta ricercatezza pel suo stato; ma in particolar modo il suo capo debbe essere specie di mostra, di campione, di modello non pur per le donne popolane, bensì per quelle di civili condizioni".
Tra le capere più note, ricordiamo Nannina, orgogliosa dello sfregio lasciatole su una guancia dalla rasoiata dell'amante tradito.“ (1)
Non è che il mestiere sia
scomparso. Col tempo e con i ritrovati tecnici che hanno reso più agevole
lavare i capelli, tagliarli, colorarli e metterli in piega o solamente
pettinarli ed acconciarli il mestiere si è trasformato acquistando una
fisionomia nuova, regolamentato e previsto in una forma che non consente di
arrivare a domicilio come succedeva negli anni passati, specialmente nel
dopoguerra quando tutti cercavano il modo di arrangiarsi con dignità e coraggio
mentre il paese si organizzava.
Oggi esistono negozi di
parrucchiera che oltre a prendersi cura dei capelli forniscono altre
prestazioni, come la cura delle unghie della mani e dei piedi, la vendita di
prodotti di bellezza, ecc. ecc.
Quella di cui parlo nel mio
scritto l’ho vista all’opera più di una volta sempre quando abitavo nel Vicolo
Sorrentino quando svolgeva la sua prestazione, durante il periodo estivo,
all’aria aperta davanti alla porta della signora che l’aveva chiamata per farsi
pettinare i capelli che quasi tutte le donne portavano molto lunghi anche se
con l’avvento delle truppe di liberazione qualcuna più giovane aveva
incominciato a tagliarli corti facendoli arrivare appena sulle spalle.
All’epoca c’erano ancora quelli
che i capelli li acquistavano per farci parrucche sia per le persone sia per le
bambole in quanto le fibre di nailon erano ancora da venire per cui quelli
taglaiti venivano conservati fino a quando non passava ‘o capillaro, altro
mestiere andato in soffitta.
Dopo aver lavati i capelli,
operazione che avveniva quasi sempre all’interno della casa nelle prossimità
dei servizi igienici e della cucina dove veniva riscaldata una grande pentola
d’acqua, se il tempo era buona e soleggiato l’attività di asciugatura e pettinatura
avveniva fuori al sole in quanto l’asciuga capelli non era ancora in auge
neppure presso le famiglie benestanti.
Sulle spalle della donna da
pettinare veniva appoggiata una mantellina e se necessario anche un asciugamani
per assorbire l’acqua ancora presente sui capelli e quando questi erano
asciutti, dopo che erano stai spostati in avanti per con un colpo di testa o
riportati indietro con una pettinata effettuata con un pettine a denti grandi e
distanti tra loro iniziava il trattamento dei capelli con oli vegetali per
renderli più lucenti o con l’adozione di coloranti vegetali per eliminare i
primi segni di incanutinamento o per dar loro delle coloriture che rafforzavano
il colore naturale o lo variavano con
toni che riuscivano ad attirare l’attenzione anche dell’uomo più sbadato
o l’invidia delle altre che immediatamente prendevano nota per provare le
stesse emozioni nell’adottarle.
Tra un passaggio di pettine e
l’altro tra i capelli per districarli ed allinearli in modo da evitare
annodamenti fastidiosi nel sistemarli la “capera” e la signora incominciavano in una fase di
rilassamento dopo quelle iniziali che erano sempre le più laboriose e
fastidiose per la temperatura dell’acqua o per l’irritazione degli occhi dovuta
al sapone adoperato per lavarli, a parlare del più e del meno.
Qualche volta con i capelli
ancora avvolti in un panno per contenere il gocciolamento dell’acqua che ancora
li rendeva umidi, anticipando i tempi si concedevano un caffè che soltanto la
napoletano poteva permettere con il tempo che ci voleva per far transitare
l’acqua calda dal contenitore capovolto dopo l’ebollizione alla vera
caffettiera col beccuccio che piano piano andava riempendosi goccia a goccia
come la tecnica consentiva.
Prevedendo un certo pubblico di
vicine sfaccendate, data l’ora, aveva preparato una macchinetta da sei col
caffè che aveva macinato prima dell’arrivo della “capera”.
Il chiacchiericcio iniziava
subito dopo prendendo l’avvio da un complimento per la bontà del caffè che era
sempre lo stesso che compravano anche loro. Un’ora buona del mattino dalle
dieci alle undici passava così con la “capera” che pettinava e loro che
facevano domande e commenti confidenze che sarebbero state riportate presso la
famiglia del prossimo appuntamento assieme alle eventuali ambasciate e ambasce
che le ragazze del vicolo le affidavano fidandosi sulle sue capacita di
mediatrice e in qualche caso di mezzana. Un botta e risposta che non sarebbe
mai finito se non c’era mezzogiorno di mezzo e qualche marito tornava per
mangiare qualcosa per poi tornare al lavoro in bottega nel vicolo appresso o
nel negozio che all’epoca vendevano sempre un po’ di tutto a differenza del
panettiere che al pane finiva qualche volta per accomunare anche alti generi
alimentari come quella di Giuseppina ’e Milano che però il marito non lo
aveva e nessuno ne parlava mai.
Generalmente i capelli venivano
intrecciati e poi portati sulla dove venivano agganciati agli altri per mezzo
di ferretti di osso dello stesso colore dei capelli o di metallo sottili ed
invisibili che finivano col dare l’idea che le trecce si mantenessero su per
miracolo.
Quando la “capera” aveva finito il suo lavoro raccoglieva le sue
cose in una borsa e con discrezione si faceva pagare dalla signora con gesti
che davano l’dea di un gioco di prestigio.
La signora era entrata in casa si
era guardata allo specchio e senza rendere noto alle altre il contenuto dei
suoi cassetti aveva prelevato dal gruzzolo la cifra stabilita l’aveva posta nella mano dell’altra che
l’aveva raccolta ponendola all’interno del reggiseno dove l’avrebbe custodita
fino a casa.
Quando la “capera” non era disponibile le donne del vicolo si
arrangiavano fra di loro mettendo in pratica il proverbio “Vedenno fà, sapenno fa”.
In fin dei conti non erano tanto
delle acconciature che avevano bisogno, ma della pulizia dei capelli e del
cuoio capelluto dove qualche volta rischiavano di annidarsi pidocchi ed altro.
Per una bella lavata di testa non
occorreva certamente un’esperta come la “capera” che, a volte, la tirava per le lunghe e costava che, invece, andava
bene quando c’erano le feste, per essere più in ordine.
La testa qualcuna se la rifaceva
ogni mattina perché non riusciva a dormire con i ferretti in testa e poi erano
comparsi degli attrezzi per stirare i capelli o per arrotolarli. Bastava
riscaldarli un tanto e il gioco era fatto per cui le ragazze sulle quali la
tecnica era stata sperimentata incomincivano a girare con i capelli arricciati sembrando più carine e le mamme prendevano ad imitarle.
Nel dopo guerra cambiarono tante
cose, tanti modi di vivere per cui nel giro di una stagione i vicini o noi
stessi cambiavamo aspetto e modo di vestire con l’arrivo dei panni usati e
della musica americana che le radio trasmettevano a tutte le ore.
Ci mise un po’ di tempo la “capera” ad andare
in pensione, anzi forse non ci è mai andata in quanto ogni tanto quando i soldi in giro sono pochi qualcuna la risuscita e torna a fare i capelli a domicilio.
Gioacchino Ruocco
Gioacchino Ruocco
(1) Nota da Internet
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