venerdì 28 settembre 2012

Asfardista



Non so quanti hanno ancora memoria di questo mestiere che è simile a quello della pavimentazione delle strade per renderle più scorrevoli, ma diverso nel modo di eseguire il lavoro per le fasi operative  che richiedevano uno svolgimento diverso da svolgere in luogo ad incominciare dalla frantumazioni dei pani di asfalto, dalla cottura in loco del prodotto da stendere sulle superfici da impermeabilizzare per arrivare alla preparazione e pulizia delle superfici da coprire dalle quali eliminare le asperità eventuali fino all'approntamento  di squarci nell’intonaco del parapetto per verticalizzarne una parte in modo da evitare infiltrazioni sulle superfici perimetrali in caso di piogge torrenziali.






Nell'immagine si vede la caldaia e sulla destra i pani a sinistra la posa in opera del prodotto cotto per essere disteso.


In questa immagine si noti la pochezza delle attrezzature e la precarietà della difesa  della salute.

Anche l’impasto era diverso nella consistenza da quello che normalmente viene steso sulle sedi stradali direttamente sul fondo o asportato e poi riportato dopo essere stato preparato in un luogo a parte per recuperare gli inerti ormai esausti e in qualche caso in fase di disgregamento.
Il conglomerato bituminoso artificiale ottenuto miscelando opportune quantità di inerti grossi (ghiaia), fini (sabbia e filler) e bitume realizzato con opportuni dosaggi  degli inerti viene depositato direttamente sul fondo naturale della strada o sullo spessore residuo del manto dal quale è stato recuperato. La diversa dimensione degli inerti ha portato a realizzare strade a più veloce percorrenza (vedi  autostrada  o superstrada)  che consentono un drenaggio più veloce della pioggia diminuendo così il volume dell’acqua alzata dagli pneumatici e permettono di recuperare una migliore visibilità della strada
L’asfalto è presente nella nostra vita fin dall’antichità. Se ne estraeva per distillazione un olio che veniva utilizzato per rendere impermeabile il legno contro l’azione dei parassiti, come lubrificante e perfino come medicamento sugli uomini e sugli animali.
Incominciò ad essere utilizzato come materiale da costruzione solamente nel secolo XVIII per pavimentare strade e marciapiedi e per rendere impermeabili i lastrici solai.
Per poterlo utilizzare deve essere fuso in una caldaia con l’aggiunta di bitume, ma ancor prima bisogna  frantumare i pani in pezzi minuti per farli sciogliere rapidamente.
Al prodotto andava aggiunta della sabbia di grossezza variabile a secondo dell’impiego che se ne doveva fare.
Quando la massa era stata ben amalgamata e resa fluida veniva versata sulla superficie da coprire. L’asfaltista provvedeva a distenderlo con una stecca di ferro spostandolo  tenendo conto dello spesso che doveva conservare una volta che si era raffreddato. Per renderlo compatto nella fase finale veniva trascinata su di esso un rullo di pietra l cui superficie veniva bagnata per evitare che nella fase di rotolamento asportasse parte del materiale ancora caldo.

Al termine del lavoro sulla superficie veniva cosparsa della polvere di calce che doveva asciugare quella parte di vapore che il prodotto rilasciava. A superficie consolidata venivano effettuata su di essa saggi per misurare lo spessore del materiale messo in opera per garantire al committente il regolare svolgimento dell’incarico sia per i materiali utilizzati sia per lo spessore richiesto che, se ben ricordo non doveva mai essere inferiore a un cm con le tolleranze ammesse.

Al termine del collaudo la superficie asfaltata veniva verniciata di bianco o con calce spenta o con bianco di zinco per ridurre gli effetti del calore del sole  sull’asfalto.

L’unica esperienza avuta fu quando avevo 15 anni e forte del tempo libero che la promozione mi aveva regalato avevo chiesto ai miei genitori di potermi trovare un lavoretto da fare. Mi appiopparano al marito di mia zia che per mestiere faceva l’asfaltista e la mattina dopo dovetti alzarmi da subito alle cinque per raggiungerlo sotto casa dove lo trovai che aveva caricato sul camion, assieme al fratello, la caldaia dove l’asfalto veniva sciolto, i pani di asfalto che sembravano delle grosse caramelle golia, la sabbia di fiume e gli atri attrezzi più piccoli come una cucchiaia da muratore, una scalpellina o “male e peggio” dei righelli quadrati di ferro di spessore minimo di un centimetro per regolare lo spessore del manto che veniva disteso, cantarelle per il trasporto del materiale dalla caldaia al terrazzo, un paranco a mano, stracci, legna da ardere ed altro.

Il viaggio a tre nella cabina del camion fino a Sorrento fu quanto meno esilarante per le stupidaggini che i due fratelli si scambiavano. Mostravano di saper stare al gioco anche se il più grande, il marito di mia zia, era il titolare della ditta e l’altro era il fratello minore. Il battibecco andò avanti quasi tutta la giornata che per certi versi fu piacevole anche se il mio ruolo era minore, mi avevano messo a guardare il fuoco dopo averlo acceso. La caldaia che era costituita da due sezioni cilindriche di cui la prima faceva da focolare e quella sovrastante d caldaia, era stata posta davanti alla casa e mentre il fuoco si ravvivava, era stata riempita di una buona quantità di bitume e di pezzi di asfalto che il fratello minore incominciò a frantumare con una mazza di ferro da 10 chili. I primi colpi mi avevano fatto sobbalzare, come i primi incarichi affrontati alla garibaldina, mi avevano subito stancato. Mi ripresi dopo la colazione al bar della piazza.

Il terrazzo da ricoprire non era un’area molto grande. L’asfalto vecchio che, all’epoca, non veniva recuperato era stato già rimosso e portato via. L’intonaco era stato eliminato nel punto di attacco con la copertura per farvi arrivare  l’asfalto e una mano di bitume alla maniera dei verticali che oggi si realizzano con la guaina catramata e quando le prime cantarelle incominciarono ad essere tirate su il lavoro diventò frenetico e senza interruzioni. Fui il solo a mezzo giorno a consumare la merenda che avevo portato da casa. I due fratelli continuarono il loro lavoro senza interruzione. Terminarono alle cinque del pomeriggio. Tornammo il giorno dopo per ripassare il rullo per compattare in maniera più tenace la il materiale steso che dimostro di non avere cedimenti. La superficie venne nuovamente cosparsa di polvere di calce che si aggiunse a quella precedente che si era bene ancorata alla superficie catramata e ci fu una prima consegna al committente. Ci ritornarono i fratelli Esposito per il collaudo finale e per l’imbiancatura dell’asfaltatura. Il mio ingaggio era finito dopo qualche giorno perché con l’età che avevo non potevo far parte della forza lavoro neppure come apprendista. Nel tipo di attività erano presenti rischi che il DPR 303/1956 definiva già allora cancerogeni e soggetti periodicamente a controlli sanitari.

La scusa fu buona per non tenermi a bada come fu detto a mio padre e ritornai nuovamente a girovagare con la testa fra le nuvole ora sul lungo mare ora su altri percorsi che mi hanno insegnato cose che all’epoca non comprendevo, ma col tempo sono ritornate utili come esperienze di vita che, a volte, mi trovo a raccontare come questa che ho appena finita di scrivere. 

Guaine bituminose
Nota bene. 

Nel tempo e con nuovi ritrovati tecnici il mestiere ha assunto connotazioni diverse di modo che per impermeabilizzare un terrazzo non è più necessario effettuare le operazioni che ho in precedenza descritte. 

La disponibilità di prodotti come le membrane bituminose permettono di fare lo stesso lavoro in minor tempo con risultati che forniscono garanzie di durata nelle più svariate condizioni di utilizzo  ad incominciare dai passi carrabili o pedonabili o alle superfici destinate solamente alla copertura del fabbricato, basta che la membrana contenga un minimo di 51% di matrice bituminosa e uno spessore non inferiore ai 3 mm che può essere posata in aderenza, semi-aderenza o indipendenza con l’impiego di un’apposita fiamma su una superficie perfettamente asciutta, priva di asperità e polvere per una perfetta posa in opera.


E’ inutile dire che anche questa tecnica porta con sé rischi lavorativi che comportano per l’operatore l’adozione di dispositivi di protezione individuali per la loro riduzione al minimo e accertamenti sanitari periodici per accertare l’idoneità del lavoratore alla mansione e danni tumorali nel tempo.


Nessun commento:

Posta un commento

NON E' UNA RECLAME - Come togliere velocemente il ghiaccio dal vetro della vostra auto

  Come togliere velocemente il ghiaccio dal vetro della vostra auto Con un acquisto di pochi euro si risolve un problema piuttosto frequente...