Non so quanti hanno ancora memoria di questo mestiere che è
simile a quello della pavimentazione delle strade per renderle più scorrevoli,
ma diverso nel modo di eseguire il lavoro per le fasi operative che richiedevano
uno svolgimento diverso da svolgere in luogo ad incominciare dalla frantumazioni
dei pani di asfalto, dalla cottura in loco del prodotto da stendere sulle
superfici da impermeabilizzare per arrivare alla preparazione e pulizia delle
superfici da coprire dalle quali eliminare le asperità eventuali fino all'approntamento
di squarci nell’intonaco del parapetto per verticalizzarne una parte in
modo da evitare infiltrazioni sulle superfici perimetrali in caso di piogge
torrenziali.
Nell'immagine si vede la caldaia e sulla destra i pani a sinistra la posa in opera del prodotto cotto per essere disteso. |
In questa immagine si noti la pochezza delle attrezzature e la precarietà della difesa della salute. |
Anche l’impasto era
diverso nella consistenza da quello che normalmente viene steso sulle sedi
stradali direttamente sul fondo o asportato e poi riportato dopo essere stato
preparato in un luogo a parte per recuperare gli inerti ormai esausti e in
qualche caso in fase di disgregamento.
Il conglomerato
bituminoso artificiale ottenuto miscelando opportune
quantità di inerti grossi (ghiaia), fini (sabbia e filler)
e bitume realizzato con opportuni dosaggi degli inerti viene depositato
direttamente sul fondo naturale della strada o sullo spessore residuo del manto
dal quale è stato recuperato. La diversa dimensione degli inerti ha portato a
realizzare strade a più veloce percorrenza (vedi autostrada
o superstrada)
che consentono un drenaggio più veloce della pioggia diminuendo così il
volume dell’acqua alzata dagli pneumatici e permettono di recuperare una
migliore visibilità della strada
L’asfalto è presente nella nostra vita fin dall’antichità.
Se ne estraeva per distillazione un olio che veniva utilizzato per rendere
impermeabile il legno contro l’azione dei parassiti, come lubrificante e
perfino come medicamento sugli uomini e sugli animali.
Incominciò ad essere utilizzato come materiale da
costruzione solamente nel secolo XVIII per pavimentare strade e marciapiedi e
per rendere impermeabili i lastrici solai.
Per poterlo utilizzare deve essere fuso in una caldaia con
l’aggiunta di bitume, ma ancor prima bisogna
frantumare i pani in pezzi minuti per farli sciogliere rapidamente.
Al prodotto andava aggiunta della sabbia di grossezza
variabile a secondo dell’impiego che se ne doveva fare.
Quando la massa era stata ben amalgamata e resa fluida
veniva versata sulla superficie da coprire. L’asfaltista provvedeva a
distenderlo con una stecca di ferro spostandolo tenendo conto dello spesso che doveva
conservare una volta che si era raffreddato. Per renderlo compatto nella fase
finale veniva trascinata su di esso un rullo di pietra l cui superficie veniva
bagnata per evitare che nella fase di rotolamento asportasse parte del
materiale ancora caldo.
Al termine del lavoro sulla superficie veniva cosparsa
della polvere di calce che doveva asciugare quella parte di vapore che il
prodotto rilasciava. A superficie consolidata venivano effettuata su di essa
saggi per misurare lo spessore del materiale messo in opera per garantire al
committente il regolare svolgimento dell’incarico sia per i materiali
utilizzati sia per lo spessore richiesto che, se ben ricordo non doveva mai
essere inferiore a un cm con le tolleranze ammesse.
Al termine del collaudo la superficie asfaltata veniva
verniciata di bianco o con calce spenta o con bianco di zinco per ridurre gli
effetti del calore del sole
sull’asfalto.
L’unica esperienza avuta fu quando avevo 15 anni e forte
del tempo libero che la promozione mi aveva regalato avevo chiesto ai miei
genitori di potermi trovare un lavoretto da fare. Mi appiopparano al marito di
mia zia che per mestiere faceva l’asfaltista e la mattina dopo dovetti alzarmi
da subito alle cinque per raggiungerlo sotto casa dove lo trovai che aveva
caricato sul camion, assieme al fratello, la caldaia dove l’asfalto veniva
sciolto, i pani di asfalto che sembravano delle grosse caramelle golia, la
sabbia di fiume e gli atri attrezzi più piccoli come una cucchiaia da muratore,
una scalpellina o “male e peggio” dei righelli quadrati di ferro di spessore
minimo di un centimetro per regolare lo spessore del manto che veniva disteso,
cantarelle per il trasporto del materiale dalla caldaia al terrazzo, un paranco
a mano, stracci, legna da ardere ed altro.
Il viaggio a tre nella cabina del camion fino a Sorrento fu
quanto meno esilarante per le stupidaggini che i due fratelli si scambiavano.
Mostravano di saper stare al gioco anche se il più grande, il marito di mia
zia, era il titolare della ditta e l’altro era il fratello minore. Il
battibecco andò avanti quasi tutta la giornata che per certi versi fu piacevole
anche se il mio ruolo era minore, mi avevano messo a guardare il fuoco dopo
averlo acceso. La caldaia che era costituita da due sezioni cilindriche di cui
la prima faceva da focolare e quella sovrastante d caldaia, era stata posta
davanti alla casa e mentre il fuoco si ravvivava, era stata riempita di una
buona quantità di bitume e di pezzi di asfalto che il fratello minore
incominciò a frantumare con una mazza di ferro da 10 chili. I primi colpi mi
avevano fatto sobbalzare, come i primi incarichi affrontati alla garibaldina,
mi avevano subito stancato. Mi ripresi dopo la colazione al bar della piazza.
Il terrazzo da ricoprire non era un’area molto grande.
L’asfalto vecchio che, all’epoca, non veniva recuperato era stato già rimosso e
portato via. L’intonaco era stato eliminato nel punto di attacco con la
copertura per farvi arrivare l’asfalto e
una mano di bitume alla maniera dei verticali che oggi si realizzano con la
guaina catramata e quando le prime cantarelle incominciarono ad essere tirate
su il lavoro diventò frenetico e senza interruzioni. Fui il solo a mezzo giorno
a consumare la merenda che avevo portato da casa. I due fratelli continuarono
il loro lavoro senza interruzione. Terminarono alle cinque del pomeriggio.
Tornammo il giorno dopo per ripassare il rullo per compattare in maniera più
tenace la il materiale steso che dimostro di non avere cedimenti. La superficie
venne nuovamente cosparsa di polvere di calce che si aggiunse a quella
precedente che si era bene ancorata alla superficie catramata e ci fu una prima
consegna al committente. Ci ritornarono i fratelli Esposito per il collaudo
finale e per l’imbiancatura dell’asfaltatura. Il mio ingaggio era finito dopo
qualche giorno perché con l’età che avevo non potevo far parte della forza
lavoro neppure come apprendista. Nel tipo di attività erano presenti rischi che
il DPR 303/1956 definiva già allora cancerogeni e soggetti periodicamente a
controlli sanitari.
La scusa fu buona per non tenermi a bada come fu detto a
mio padre e ritornai nuovamente a girovagare con la testa fra le nuvole ora sul
lungo mare ora su altri percorsi che mi hanno insegnato cose che all’epoca non
comprendevo, ma col tempo sono ritornate utili come esperienze di vita che, a
volte, mi trovo a raccontare come questa che ho appena finita di scrivere.
Guaine bituminose |
Nota bene.
Nel tempo e con nuovi ritrovati tecnici il mestiere ha assunto connotazioni diverse di modo che per impermeabilizzare un terrazzo non è più necessario effettuare le operazioni che ho in precedenza descritte.
La disponibilità di prodotti come le membrane bituminose permettono di fare lo stesso lavoro in minor tempo con risultati che forniscono garanzie di durata nelle più svariate condizioni di utilizzo ad incominciare dai passi carrabili o pedonabili o alle superfici destinate solamente alla copertura del fabbricato, basta che la membrana contenga un minimo di 51% di matrice bituminosa e uno spessore non inferiore ai3 mm
che può essere posata in aderenza, semi-aderenza o indipendenza con l’impiego
di un’apposita fiamma su una superficie perfettamente asciutta, priva di
asperità e polvere per una perfetta posa in opera.
Nel tempo e con nuovi ritrovati tecnici il mestiere ha assunto connotazioni diverse di modo che per impermeabilizzare un terrazzo non è più necessario effettuare le operazioni che ho in precedenza descritte.
La disponibilità di prodotti come le membrane bituminose permettono di fare lo stesso lavoro in minor tempo con risultati che forniscono garanzie di durata nelle più svariate condizioni di utilizzo ad incominciare dai passi carrabili o pedonabili o alle superfici destinate solamente alla copertura del fabbricato, basta che la membrana contenga un minimo di 51% di matrice bituminosa e uno spessore non inferiore ai
E’ inutile dire che anche questa tecnica porta con sé rischi
lavorativi che comportano per l’operatore l’adozione di dispositivi di
protezione individuali per la loro riduzione al minimo e accertamenti sanitari
periodici per accertare l’idoneità del lavoratore alla mansione e danni tumorali nel tempo.
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