I dati e i
testi, citati in originale, sono stati desunti da “Della Città di Stabia, della
chiesa stabiana e dei suoi vescovi” opera postuma di Monsignor Tommaso Milante
del 1749, tradotta dal latino. Napoli – Pe’ tipi di Saverio Giordano – 1836.
Tempio di Ercole:
Eretto sull’isoletta, o pietra, o scoglio che da tal tempio prese il
nome; e del quale fa menzione Plinio (libro XXXIII, cap. 2) dicendo: nel
territorio stabbiano, alla pietra di Ercole, ec. Ec. (pag. 10).
Tempio di Fano:
Dedicato a Diana: nel qual luogo é attualmente edificato il Convento di San
Francesco di Paola e la chiesa di S. Maria a Pozzano, la di cui storia venne
scritta dal P. Serafino Ruggieri, dello stesso ordine. (pag. 12).
Tempio di Giano:
Era stato costruito “nel luogo al presente appellato Fajano: nomenclatura
derivata appunto dalle parole Fan-Iani, o sia Fanum-Iani, del che può vedersi
presso Grutero ed altri. Il luogo dove trovavasi edificato, al tempo dello
scrivente, era fondo appartenente alla
Mensa Vescovile mi determinai perciò a praticarvi delle ricerche… Il luogo, ove
fu fabbricato, cioè nella parte superiore della collina, che sovrasta il porto
era “adattissimo a denotare il patrocinio, che a questo nume concedevano i
Gentili, affichè i naviganti, giungendo sani, e salvi alla patria, avessero
potuto comodamente salutarlo… E
tributargli i sacrifici di riconoscenza. Egualmente siccome a lui si
attribuiva, di aver piantato per la prima volta
le vigne, o almeno amplificate, per cui era detto Vitifero, quindi in quel sito eragli stato il tempo edificato.
(pag. 13).
Tempio di Cecere:
...del quale fa chiara testimonianza il monumento di marmo rinvenuto nel
fondo di Giacomo Certa, rimesso a Capaccio, e da lui impresso; ove si fa
menzione della sacerdotessa Lassa. (Pag. 16).
Tempio di Giove stigio, o sia
Plutone o Apollo:
“In gran parte esiste in quel luogo, ove si dice Grotta di San Biase:
perché quell’infame spelonca consacrata al nume infernale, dagli antichi
cristiani venne convertita al culto divino in onore di quel S. Vescovo, e
Martire”.
Una tale spelonca, secondo il costume dei Gentili di
tributare a dei infernali i templi alle radice de’ monti, fu incavata al pié di
una rupe, su della quale si elevava un alto colle, ed ivi a venerare il loro
dio vi discendevano gl’ingannati idolatri quasi carpone per un declivio, che
prendeva l’accesso da una piccola porta dalla parte meridionale del tempio; e
così prostrati, e trascinandosi quasi per terra, vi si introducevano; e
consultando l’oracolo, e ricevutone le risposte, per altra via sotterranea ne
uscivano”.
“Esistono tuttavia queste porte, e queste
strade; e quella pe la quale uscivano gli adoratori mette al luogo, ove si dice
Ponte di S. Marco; “E da questi
oracoli, e da queste risposte, che ascoltate nel tempio da coloro, che ne
uscivano per la porta non sacra, vi è rimasto al luogo il nome di Carmiano; poiché esse universalmente si
rendevano in verso.
Siffatta nomenclatura di Carmiano, rimasta al luogo, ha dato motivo ad alcuni, sebbene non
rettamente d’inferire, che quel tempio, non già a Plutone, bensì ad Apollo
fosse dedicato” (da pag. 17/18).
a cura di Gioacchino Ruocco
Già pubblicato su "Il libero ricercatore" nel 2010
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