SPECIALE SCUOLA
Proprio nell’anno della chiamata diretta dei docenti, degli ambiti territoriali e della patata bollente del “potenziamento”, scoppia la grana delle reggenze per un numero davvero troppo alto di sedi scolastiche spesso distanti decine di chilometri l’una dall’altra. Un esempio lampante è quanto sta vivendo la preside 45enne che in Lombardia deve passare la giornata ad organizzare il lavoro di 21 scuole distribuite su sei Comuni diversi. Sono gli effetti perversi del dimensionamento, che ha avuto l’apice con la riforma Gelmini, a seguito del quale sono stati tagliati 2.676 istituti, dopo gli accorpamenti avvenuti in precedenza. Sulla situazione pesa anche la decisione del Governo Monti, di risparmiare pure sui vicari dei dirigenti, a cui è stato tagliato il compenso del ruolo aggiuntivo, tanto da costringere il sindacato a presentare ricorso per far recuperare l’indennità di reggenza e sostituzione.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): se si è arrivati a questa situazione, i motivi vanno cercati tra i nostri governanti e a Viale Trastevere. Perché è da due anni che si attende il nuovo concorso per dirigenti scolastici, ma si continua a rimandare. Così ci troviamo con nemmeno 7mila presidi, mentre ne servirebbero 8.200. Intanto, con la scuola dell’autonomia e l’approvazione della Legge 107, per loro le responsabilità e gli impegni sono triplicati. Il tutto in cambio di compensi che costituiscono la metà di quelli di altri dirigenti pubblici.
Quello appena iniziato doveva essere l’anno scolastico dell’entrata a regime della riforma, invece si è trasformato in un incubo. Agli endemici problemi dei vuoti di organico, del valzer delle nomine, del sostegno negato agli alunni disabili e delle classi pollaio, dei concorsi a cattedra sbagliati e senza fine, si è aggiunto lo scandalo delle reggenze. Perché, malgrado i tagli operati dal 2006 e soprattutto il dimensionamento voluto dall’ultimo Governo Berlusconi abbia cancellato un quarto di scuole autonome portandole da oltre 12mila alle attuali 8.200, e nonostante i tagli siano continuati anche nel corso della scorsa estate con altri 100 istituti in meno, oggi in Italia ben 1.233 dirigenti scolastici sono costretti alla reggenza, in cambio di un compenso netto risibile: significa che oltre alla propria scuola hanno da gestirne almeno una seconda. Proprio nell’anno della chiamata diretta dei docenti, degli ambiti territoriali e della patata bollente del “potenziamento”.
Fare il reggente significa poi, in certi casi, 4mila studenti e famiglie da gestire. Un esempio lampante è quanto sta vivendo la preside 45enne che in Lombardia deve trascorrere la giornata ad organizzare il lavoro di 21 plessi scolastici dislocati in sei Comuni diversi: “dal 31 agosto scorso – scrive il Corriere della Sera – è entrata nel piccolo esercito dei 1.233 presidi che devono, per colpa di un concorso che tarda ad arrivare, barcamenarsi tra migliaia di alunni, decine di professori, centinaia di scartoffie. Macinando chilometri”.
Non si tratta di casi eccezionali, purtroppo, ma sempre più frequenti. Soprattutto al Nord dove, per effetto della riforma Gelmini, dal 2008-2009 sono stati accorpati centinaia di istituti: 2.676 le scuole in meno, dopo gli accorpamenti, con percentuali altissime nelle regioni settentrionali che, per essere virtuose, adesso si ritrovano con scuole che hanno anche 10-15 istituti sparsi in tutto l’hinterland”. Al Sud, comunque, non stanno molto meglio: “dal 2008-2009 ad oggi di fronte alle 173 sedi di dirigenza cassate in Lombardia, alle 116 del Piemonte, o alle 145 del Veneto, ce ne sono 410 della Campania, 354 della Sicilia, 288 in Puglia”.
“Se si è arrivati a questa situazione – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – i motivi vanno cercati tra i nostri governanti e a Viale Trastevere. Perché è da due anni che si attende il nuovo concorso per dirigenti scolastici, ma si continua a rimandare. Così ci troviamo con nemmeno 7mila presidi, mentre ne servirebbero 8.200. Intanto, con la scuola dell’autonomia e l’approvazione della Legge 107, per loro le responsabilità e gli impegni sono triplicati. Il tutto in cambio di compensi che costituiscono la metà di quelli di altri dirigenti pubblici: si spera nel nuovo contratto di categoria a seguito dell’accorpamento dei comparti pubblici, da 11 a 4, ma ad oggi l’enorme mole di lavoro svolto non viene affatto ripagato da stipendi adeguati”
I dirigenti scolastici italiani sono i meno pagati tra tutti i dirigenti pubblici italiani: percepiscono in media 62.890 euro annui, che sono oltre 42mila euro l’anno in meno rispetto ad un dirigente di altra amministrazione. Il loro compenso, fermo da anni e soggetto al taglio del Fondo unico nazionale, è neanche la metà rispetto a quello dei colleghi che operano presso gli enti pubblici non economici (127.606 euro l’anno). I dati sono stati aggiornati alcuni giorni fa dall’Aran, su dati certificati della Ragioneria Generale dello Stato (aggiornamento all’anno 2014 delle elaborazioni statistiche sulle retribuzioni medie pro-capite nella PA). E quando il Miur continua a dire che stanno per arrivare gli incentivi del merito, farebbe bene a dire che si tratta da assegnare cifre ridicole che variano tra i 150 e i 200 euro lordi al mese.
A rendere ancora più complicata la situazione, con quasi un terzo delle scuole costrette ad avere un preside “in condominio”, è il fatto che con il Governo Monti si è legiferato per risparmiare pure sui vicari dei dirigenti, a cui è stato tagliato il compenso del ruolo aggiuntivo, tanto da costringere il sindacato a presentare apposito ricorso per far recuperare l’indennità di reggenza e sostituzionepari in media a 5mila euro l’anno.
“Quello che non si comprende – continua Pacifico – è perché dal Ministero dell’Istruzione si continua a parlare e a progettare sulle scuole aperte il pomeriggio e d’estate, aumentando carichi e impegni di lavoro, mentre sugli aspetti stipendiali e delle indennità continua la situazione di stallo. È una contraddizione. Come stride l’aumento di reggenze con la lentezza con cui si sta arrivando al concorso per nuovi dirigenti. Ancora di più perché quest’anno sono stati assorbiti gli ultimi 200 idonei della selezione del 2011 e, quindi, non ve ne sono più da immettere in ruolo”.
“Diventa particolarmente importante che il Miur bandisca con celerità il prossimo concorso per dirigenti scolastici. Già l’Anief, a tal proposito, è riuscita a far inserire nella bozza di testo in via di approvazione la possibilità che il personale di ruolo da meno di cinque anni di poter partecipare alle prove, facendo valere il servizio pre-ruolo, grazie a quanto dichiarato dal TAR Lazio, con la sentenza n. 9729/2014 patrocinata dal nostro sindacato. Allo stesso modo l’amministrazione farebbe bene a dare seguito ad un’altra sentenza del Tribunale amministrativo regionale, la n. 5011/2014, attraverso cui è stato acclarato che non è necessario essere assunti a tempo indeterminato, ma per svolgere le prove bisogna solo dimostrare di essere in possesso del titolo di studio e aver insegnato almeno 5 anni anche non continuativi seguendo, per estensione, quanto già statuito l’8 settembre 2011 dalla Corte di Giustizia europea sul procedimento C-177/10. Pertanto, qualora questa sentenza non dovesse avere applicazione nel concorso per dirigenti scolastici, escludendo i precari dalla selezione, Anief ha già deciso che si rivolgerà al giudice”.