C.mare: bambina venuta alla luce durante la traversata dalla Libia. Adottata da medici e infermiere.
Favor nella lingua nigeriana signi fica speranza. Così voleva chiamarla la sua mamma e così la chiamerà, anche se i soccorritori, quelli che hanno compilato la sua scheda di nascita, hanno aggiunto una “elle’”. Ma a Fatima Dahuda questo non importa, ora che finalmente Flavor è tra le sue braccia e di quelle di papà Eddy.
Flavor Igietemoi: femmina. Peso: 2 chili e 700 grammi. Luogo di nascita: in una barca in mezzo al mare. Anzi, su un barcone, una di quelle carrette del mare che ogni settimana parte dalle coste libiche e attraversa il Canale di Sicilia stipato di esseri umani. Flavor ha lasciato il reparto di Neonatologia dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. È salva. Infermieri e medici si sono adoperati per lei per darle tutto quello di cui aveva bisogno. Tanto affetto, ma anche un corredino: vestiti, pannolini, latte, biberon, cremine varie e una copertina. Una vera e propria gara di solidarietà che ha coinvolto Roberto Cinelli, primario della Neonatologia, i pediatri Elena Montesarchio, Marianna Bussi, Stefania D’Amora i responsabili della divisione di Ostetricia e ginecologiaEutalia Esposito e Salvatore Ercolano e anche tutte le mamme che hanno partorito nella struttura, dopo aver appreso la notizia attraverso il canale Facebook “Ora Mamma”. Ma per l’elenco completo non basterebbe una pagina.
Le infermiere con le divise rosa fucsia e blu hanno coccolato Flavor oltre ogni misura.Anche il pediatra che l’ha avuta in cura la guarda con affetto. «Sta bene», spiega, mentre la visita per l’ultima volta. «La sua mamma è stata attenta: malgrado le precarie condizioni in cui è venuta alla luce la bimba non ha contratto alcuna infezione. Necessitava solo di calore e di rafforzare le sue difese immunitarie ». Così, dopo un breve passaggio nell’incubatrice, le infermiere e i medici l’hanno allattata con il biberon fino a farle superare i tre chilogrammi di peso. E avevano le lacrime agli occhi quando la coordinatrice del centro di accoglienza “Casa del Cuore”, Loredana Paglionico è andata a prenderla. Hanno fatto a gara per tenerla ancora in braccio, per cambiarle il pannolino e darle la poppata delle 15. Però per tutte il sollievo che dopo poche ore sarebbe stata tra le braccia della sua mamma. E proprio per questo le infermiere le hanno messo indosso l’abitino più bello che le è stato regalato, bianco con un fiorellino in vita. Poi, dopo le ultime coccole, Flavor inizia la sua seconda “traversata”: quella in auto. Adagiata in un lettino portato da Loredana, da Castellammare a Giffoni Sei Casali, ha dormito per tutto il tempo; quasi sapesse che al risveglio si sarebbe ritrovata tra le braccia di mamma e papà.
Flavor Igietemoi: femmina. Peso: 2 chili e 700 grammi. Luogo di nascita: in una barca in mezzo al mare. Anzi, su un barcone, una di quelle carrette del mare che ogni settimana parte dalle coste libiche e attraversa il Canale di Sicilia stipato di esseri umani. Flavor ha lasciato il reparto di Neonatologia dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. È salva. Infermieri e medici si sono adoperati per lei per darle tutto quello di cui aveva bisogno. Tanto affetto, ma anche un corredino: vestiti, pannolini, latte, biberon, cremine varie e una copertina. Una vera e propria gara di solidarietà che ha coinvolto Roberto Cinelli, primario della Neonatologia, i pediatri Elena Montesarchio, Marianna Bussi, Stefania D’Amora i responsabili della divisione di Ostetricia e ginecologiaEutalia Esposito e Salvatore Ercolano e anche tutte le mamme che hanno partorito nella struttura, dopo aver appreso la notizia attraverso il canale Facebook “Ora Mamma”. Ma per l’elenco completo non basterebbe una pagina.
Le infermiere con le divise rosa fucsia e blu hanno coccolato Flavor oltre ogni misura.Anche il pediatra che l’ha avuta in cura la guarda con affetto. «Sta bene», spiega, mentre la visita per l’ultima volta. «La sua mamma è stata attenta: malgrado le precarie condizioni in cui è venuta alla luce la bimba non ha contratto alcuna infezione. Necessitava solo di calore e di rafforzare le sue difese immunitarie ». Così, dopo un breve passaggio nell’incubatrice, le infermiere e i medici l’hanno allattata con il biberon fino a farle superare i tre chilogrammi di peso. E avevano le lacrime agli occhi quando la coordinatrice del centro di accoglienza “Casa del Cuore”, Loredana Paglionico è andata a prenderla. Hanno fatto a gara per tenerla ancora in braccio, per cambiarle il pannolino e darle la poppata delle 15. Però per tutte il sollievo che dopo poche ore sarebbe stata tra le braccia della sua mamma. E proprio per questo le infermiere le hanno messo indosso l’abitino più bello che le è stato regalato, bianco con un fiorellino in vita. Poi, dopo le ultime coccole, Flavor inizia la sua seconda “traversata”: quella in auto. Adagiata in un lettino portato da Loredana, da Castellammare a Giffoni Sei Casali, ha dormito per tutto il tempo; quasi sapesse che al risveglio si sarebbe ritrovata tra le braccia di mamma e papà.
IN FUGA DALLA NIGERIA
Ed eccola qui, Fatima è debole, è appena stata dimessa dall’ospedale di Salerno. Ha avuto la febbre a 40 per una montata lattea straordinaria. Quasi non crede ai suoi occhi quando dalla porta vede sbucare Loredana con la piccola nel porta enfant. Piange. La sua “speranza” è tornata e ora non la lascerà mai più. Il papà della bimba la stringe forte, entrambi sanno che il peggio è alle spalle perché in questa avventura, per quanto brutta, hanno incontrato tante persone che hanno riacceso in loro la fi ducia per un futuro migliore. «È quello che desideriamo per nostra fi glia», spiega Eddy, «abbiamo attraversato il mare solo per lei e speriamo di trovare presto un lavoro in Italia». Eddy ha 26 anni ed è un manovale, Fatima di anni ne ha solo 22 e sa fare la parrucchiera. Hanno deciso di lasciare la Nigeria quando hanno scoperto che presto sarebbero diventati una famiglia. Sono scappati dalla povertà. Il fratello di Eddy si è attivato con una colletta raccogliendo circa 610 euro, il costo della traversata, il prezzo da pagare per provare a dare una possibilità alla piccola.
Così hanno cominciato il loro cammino alla volta della Libia dove sono rimasti bloccati per sei mesi. «Le condizioni marine non erano buone e non riuscivamo a partire», ricorda Fatima, «ma negli ultimi giorni abbiamo insistito per salire su una barca. Poco dopo l’inizio della traversata ho avvertito i dolori alla pancia. Non è stato semplice partorire, sulla barca c’era tanta gente. Qualcuno non stava bene e io non sapevo a chi rivolgermi».
Così hanno cominciato il loro cammino alla volta della Libia dove sono rimasti bloccati per sei mesi. «Le condizioni marine non erano buone e non riuscivamo a partire», ricorda Fatima, «ma negli ultimi giorni abbiamo insistito per salire su una barca. Poco dopo l’inizio della traversata ho avvertito i dolori alla pancia. Non è stato semplice partorire, sulla barca c’era tanta gente. Qualcuno non stava bene e io non sapevo a chi rivolgermi».
IL PARTO DI FLAVOR CON UNA LAMETTA
Poi una donna, nigeriana come Fatima, l’ha aiutata a far nascere Flavor. «L’aiuto di una mia compagna di viaggio è stato il dono più prezioso che la mia piccola potesse ricevere in quel momento», continua Fatima. «Lei mi ha detto quello che dovevo fare». Il silenzio della notte si è rotto con il pianto della bambina e dalle grida di gioia dei migranti a bordo di quel barcone. «Non sapevamo in anticipo se era maschio o femmina, eravamo solo molto preoccupati. Poi è nata, tutti intorno hanno gridato “Favor, Favor”. La donna che ha fatto da ostetrica ha cercato qualcosa per tagliare il cordone ombelicale. C’era solo una lametta pulita, è stata utilizzata quella. Poi per fortuna poco dopo è giunta una nave che ci ha fatti salire a bordo».
Dopo i primi soccorsi Fatima e la sua piccola sono stati trasferiti su una seconda nave norvegese, la Siem Pilot e dopo una giornata di navigazione sono sbarcati a Salerno. La storia di Flavor accende la speranza di un domani migliore. E un futuro migliore per questa famiglia potrebbe cominciare da subito, magari riconoscendo loro il diritto all’asilo come aiuto umanitario a una famiglia scappata dalla carestia e a cui il mare ha dato una nuova vita.
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