lunedì 27 febbraio 2012


Decreto ''svuota carceri''. Ultimi 18 mesi di pena ai domiciliari
Decreto Legge 22.12.2011 n° 211 , G.U. 20.02.2012
Al fine di contrastare il sovrappopolamento degli istituti presenti sul territorio nazionale, per l'anno 2011, è autorizzata la spesa di euro 57.277.063 per le esigenze connesse all'adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie.
E' quanto stabilito dal Decreto Legge 22 dicembre 2011, n. 211 (convertito in Legge 17 febbraio 2012, n. 9) recante "Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri".
Il provvedimento prevede inoltre l'innalzamento da dodici a diciotto mesi della pena detentiva che può essere scontata presso il domicilio del condannato anziché in carcere, permettendo quindi di applicare la detenzione presso il domicilio introdotta dalla Legge 26 novembre 2010, n. 199 ("sfolla carceri") ad un maggior numero di detenuti e riducendo il fenomeno delle c.d. porte girevoli. La detenzione presso il domicilio non é applicabile ai soggetti condannati per delitti gravi (terrorismo, mafia, traffico di stupefacenti, omicidio, violenza sessuale di gruppo), ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, e nei casi di concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l'idoneità e l'effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato
Più in dettaglio, il provvedimento introduce due modifiche nell'art. 558 del codice di procedura penale.
Con la prima si prevede che, nei casi di arresto in flagranza, il giudizio direttissimo debba essere necessariamente tenuto entro, e non oltre, le quarantotto ore dall'arresto, non essendo più consentito al giudice di fissare l'udienza nelle successive quarantotto ore.
Con la seconda modifica viene introdotto il divieto di condurre in carcere le persone arrestate per reati di non particolare gravità, prima della loro presentazione dinanzi al giudice per la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo. In questi casi l'arrestato dovrà essere, di norma, custodito dalle forze di polizia, salvo che ciò non sia possibile per mancanza di adeguate strutture o per altri motivi, quali lo stato di salute dell'arrestato o la sua pericolosità. In tali casi, il pubblico ministero dovrà adottare uno specifico provvedimento motivato.
(Altalex, 23 dicembre 2011)

giovedì 23 febbraio 2012

La Abramovic a Berlino vince il premio Panorama 2012 nella sezione “Miglior Documentario”


Inarrestabile Marina. 
pubblicato mercoledì 22 febbraio 2012
Marina Abramovic - The Artist Is Present - The Museum of Modern Art, New York 2010 - courtesy l’artista & Sean Kelly Gallery, New York - photo Scott Rudd 

Un'altra stelletta al curriculum di Marina Abramovic, che è stata premiata al CinemaxX 7 di Potsdamer Platz a Berlino nell'ambito del festival "Panorama” con il documentario, diretto da Matthew Akers e co-prodotto da Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, The Artist in present, ritratto dell'artista a partire dalla grande performance realizzata per l'omonima mostra presentata nel 2011 al MoMA di New York.
53 produzioni, provenienti da 37 paesi e 20 pellicole in gara nella sezione "documentari”: una competizione feroce per un film davvero poco convenzionale. Eppure oltre 23mila spettatori e amanti del cinema, la più grande giuria indipendente della Berlinale, hanno votato per l'artista nata a Belgrado. Insomma i numeri parlano chiaro: L'artista è presente è un vero successo di pubblico.
Il film presenta la Abramovic nella preparazione dell'azione più impegnativa della sua vita, guardare negli occhi, senza parlare né toccarsi, tutti gli spettatori della sua retrospettiva newyorkese. E ne sono arrivati oltre 700mila, che hanno contribuito alla messa in atto di un "dialogo energetico" caratterizzato da un'ascetica semplicità ma che allo stesso tempo ha messo la performer in uno stato di inimmaginabile sforzo fisico e psicologico.
Il documentario unisce riprese di questa silenziosa e monumentale azione con ampie interviste all'artista, ai suoi amici e collaboratori, e materiale d'archivio video degli ultimi 30 anni.

mercoledì 22 febbraio 2012

Acconciambrelle





Il primo ricordo che ho dell’ombrello è legato all’eruzione del Vesuvio del 1944.
Prima non l’avevo mai adoperato. A Mezzapietra c’ero stato poco e in campagna se ne faceva poco uso utilizzando teli cerati. Quando piove si corre sotto a un riparo sicuro contro i fulmini, ma nel 1944, il 28 agosto l’ombrello fu proprio necessario aprirlo per ripararsi dalla cenere eruttata dal Vesuvio che per alcuni giorni coprì abbondantemente i tetti delle case e le strade e tutti quelli che erano costretti ad uscire per approvvigionarsi o altro avevano bisogno di ripararsi per non prendersela addosso.
Fu necessario tenere le finestre chiuse e proteggersi le vie respiratorie come fanno i caw boy. La cenere fu raccolta e successivamente utilizzata come concime in campagna e per i bucati per diverso tempo.
Manco a farlo apposta, come adesso succede con i “vuò cumprà”, giravano per le strade persone che portavano in spalla una specie di cassetta come una faretra offrendosi però di riparare ombrelli per una spesa che sembrava irrisoria a fronte di qualche ora di lavoro.
Le riparazioni consistevano nella sostituzione di qualche ferro che si era storto o sganciato dalla cupola di stoffa e non era più utilizzabile o di assicurarlo in maniera ferma al resto della struttura.

L'ombrello è un oggetto che serve a riparare l'uomo da eventi naturali indesiderati quali la pioggia, la neve, la grandine o il sole troppo caldo (Infatti la parola ombrello deriva proprio da ombra, a dimostrazione che i primi servissero proprio per ripararsi dal sole). Ha una struttura abbastanza semplice, ma ingegnosa e particolarmente  efficace contro gli avvenimenti atmosferici ad eccezione del vento che lo riduce molte volte, quando non si fa in tempo a contrastarlo, in maniera inservibile ed irreparabile da cui è possibile recuperare solamente  alcuni elementi che possono tornare utili per le riparazioni su gli altri
Fino al Settecento l'ombrello che era costruito con la pelle e, successivamente, con tela cerata, è rimasto un oggetto in uso solo fra i nobili e le classi abbienti e nelle uscite era portato e retto da un servo come distintivo onorifico.

Per la pioggia si usavano mantelli e cappucci. Solo nell'Ottocento si è iniziato a diffondere l'uso dell'ombrello come parapioggia. Occorre dire che anche oggi in molti paesi del Nord Europa l'ombrello viene considerato come un accessorio un po' stravagante e preferiscono bagnarsi, piuttosto che portarne uno.Non si conosce con precisione né il periodo, né il luogo in cui l'ombrello fu inventato. Si pensa derivi dall'oriente (Cina, India o Giappone); alcuni ritengono fosse presente anche nell'antico Egitto. In Cina era associato (fin dall'epoca preistorica) al culto dell'Imperatore, come oggetto sacro; nell'Egitto dei faraoni era consentito usarlo solo ai nobili; in Giappone proteggeva i samurai ed ora è un vero e proprio simbolo nazionale. Nella Grecia classica era utilizzato prevalentemente dalle donne nell'ambito del culto di Dionisio, mentre durante l'Impero Romano era usato come accessorio di abbigliamento vezzoso e seducente dalle donne più ricche. Infine entrò anche nell'iconografia pontificia come oggetto di pertinenza del papa. L'ombrello è un oggetto antichissimo, che ha avuto durante i secoli varie funzioni, ma non quella per cui è utilizzato oggi, che è di riparare dalla pioggia.

L’Ombrello è composto da un’asta alla cui sommità e assemblata una corona metallica alla quale vengono agganciati i ferri o le stecche sulle quali sarà appoggiata la cupola fatta di panno resistente o addirittura di seta che dovrà ripararci dalla pioggia o dal sole con aggancio fisso in cima all’asta e con cuciture all’estremità dei ferri che in alcuni casi finiscono appuntiti per agganciarvi cappuccetti che facilitano la messa in opera della copertura. Le stecche sono agganciate per mezzo di braccia più corte a un anello che abitualmente facciamo scorrere verso sull’asta per chiuderlo o tenerlo aperto. La posizione stabile dell’apertura è assicurata da questo anello che viene tenuto fermo da un dispositivo a molla che va ad incastrarsi in un feritoia provocata al suo interno o che scavalca. Per richiuderlo bisogna liberare l’anello scorrevole dal gancio di fermo e riportarlo verso l’impugnatura che nel tempo ha assunto diverse forme a secondo dell’uso supplementare che si fa dell’ombrello stando alla sua robustezza. Da diversi anni gli ombrelli si sono accorciati e finiscono in borsetta, ma sono diventati molto grandi per diventare ombrelloni per fare ombra al mare o nelle aree destinate al consumo davanti a bar, paninoteche ed altro.





Comunque vada a finire l’ombrello da quando è stato inventato si è rivelato indispensabile in tante occasioni come quella per difendersi come uno schermo contro occhi indiscreti mentre baci la tua ragazza e via discorrendo.

L'Urlo" di Edvard Munch sarà in asta da Sotheby's


Udite udite! ". Le scommesse su chi se lo porterà a casa sono aperte!

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Sarà l’opera più importante del catalogo dedicato alla pittura Impressionista e Moderna della vendita di Sotheby's New York il prossimo 2 maggio. L'Urlo (o Il Grido), una delle immagini-icona della storia dell'arte mondiale, universalmente riconosciuto e citato milioni di volte, non in ultimo da Matt Groening nei "Simpson”, è pronto per sbancare il botteghino della storia delle aste. La versione che Sotheby’s proporrà  è datata 1895 ed è una delle quattro variazioni dell’opera, l’ultima ad essere ancora in una collezione privata, proprietà dell’uomo d’affari norvegese Petter Olsen, il cui padre Thomas era amico, vicino di casa e mecenate di Munch. 

Il dipinto sarà per la prima volta in mostra a Londra, da Sotheby’s, il 13 Aprile e poi volerà a New York, per l’esposizione pre-asta, dal 27 Aprile. 

«L’Urlo è l’immagine-emblema della modernità, ed è un immenso piacere per Sotheby’s avere in affidamento un tale capolavoro, ancor oggi in mani private» commenta Simon Shaw, direttore del dipartimento di arte Impressionista & Moderna di Sotheby’s New York.

Giocoforza, in qualche modo, per l'immensità della proposta, anche il 150esimo anniversario della nascita dell'artista che cade nel 2013. «Per i collezionisti e per le istituzioni, l’opportunità di acquistare una così influente opera non ha precedenti in tempi recenti» continua Shaw, che glissa un poco sul prezzo: «Dato quanto raramente icone del genere appaiono sul mercato è difficile stimare il valore de L’Urlo. I successi nella vendita dei capolavori da Sotheby’s suggeriscono che il prezzo potrebbe superare gli 80 milioni di dollari». E sulla tela ovviamente si è pronunciato anche il proprietario Olsen che dichiara: «Sento che è giunto il momento di offrire al resto del mondo una possibilità di possedere e apprezzare questo lavoro notevole, l'unica versione dell'Urlo a non essere in una collezione di un museo norvegese». E dai proventi della vendita l'uomo, il cui padre aveva collezionato diverse altre opere del pittore, spera di riuscire a ricavare un nuovo museo e un centro d'arte proprio in occasione della ricorrenza della nascita del Maestro, senza tralasciare la parte "emozionale” e un po' melensa di chi sa il fatto suo: «Sono come un ambientalista, preoccupato per il rapporto dell'uomo con la natura, e sento che L'Urlo fa una dichiarazione importante su questo tema». Inizia il countdown!

martedì 21 febbraio 2012

Giuseppe Porpora




Giuseppe Porpora




Nasce a Castellammare di Stabia (Napoli) nel 1926 .
Docente di contabilità dello Stato all'università di Napoli e di Scienza dell'amministrazione e di Economia e finanza pubblica. Entra nell'amministrazione civile dell'Interno nel 1948. Presta servizio nelle prefetture di Caserta, Salerno e Napoli.
E' nominato prefetto nel 1974 e ricopre gli incarichi in sede a Cagliari nel 1977 e a Roma nel 1979.
Il 1 maggio 1984 è nominato Capo della Polizia dal ministro dell'Interno Oscar Luigi Scalfaro.
Incarna per la prima volta la figura del poliziotto-manager. Le parole chiave del suo operato sono professionalità e organizzazione. Pianificazione e organizzazione i principi ispiratori. Guida il profondo cambiamento della figura dei funzionari investendo nella formazione. Attua il coordinamento delle Forze di Polizia includendo anche la Forestale e la Penitenziaria.
Durante il suo incarico promuove l'internazionalizzazione della lotta al crimine e deve fronteggiare alcuni eventi drammatici che colpiscono l'Italia. La strage del treno 904 Napoli-Milano nella galleria dove dodici anni prima era esplosa una bomba a bordo dell'Italicus, il sequestro dell'Achille Lauro e l'omicidio del professor Tarantelli da parte delle Brigate rosse. Ma anche l'assalto della mafia alle Istituzioni con l'assassinio del commissario Giuseppe Montana e in seguito del vice capo della squadra mobile di Palermo Ninni Cassarà e di Roberto Antiochia, un agente della sua scorta.
Il frutto della cooperazione internazionale porta all'arresto di Pietro Vernengo, il principale organizzatore del traffico di stupefacenti fra l'Italia e gli Stati Uniti.
Conclude il suo incarico il 1 febbraio 1987.

lunedì 20 febbraio 2012

Galleria Stabiese: Enrico Gaeta


Il 6 giugno del 1857 entrò all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove insegnavano Giuseppe Mancinelli e Gabriele Smargiassi, dedicandosi alla pittura di paesaggio. 

Avvertì inizialmente l'influsso di Giacinto Gigante, con il quale era in rapporti; al 1863 risale infatti un disegno a matita di Gigante raffigurante Enrico Gaeta  e il pittore Gian Battista Filosa seduti a un tavolino da caffè. A questa fase iniziale risalgono "Il Porto di Castellammare" e il "Convento dei Cappuccini". 

Nel 1864 partecipò alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti di Napoli con un dipinto dal titolo "Interno dei Santi Apostoli in Napoli"; nel 1866 espose "Interno di San Giovanni a Carbonara" e "La Cappella del Crocifisso in San Domenico Maggiore", mentre l'anno successivo presentò "Interno di Chiesa detta dei Gerolamini" e "Il Campanile di Santa Chiara". All'Accademia napoletana il Gaeta, oltre che nella scuola di pittura, studiò anche nella scuola del nudo, in un concorso della quale, nel 1864, si meritò un premio. 

Nel 1867 partecipò all'Esposizione universale di Parigi con il quadro "I Pini". Nel 1868 divenne socio della Promotrice; da questo momento fino alla morte si registra la sua presenza nelle più importanti manifestazioni artistiche italiane e straniere: dal 1869 al 1887 infatti è presente costantemente nelle Promotrici napoletane dove presenta, tra gli altri, i dipinti "Avanzo di casa feudale in Castellammare di Stabia" (opera acquistata dal viceconsole francese) nel 1869; "Avanzi di un Castello Angioino a Castellammare" e "Interno rustico" nel 1870; "La casa di Castore e Polluce in Pompei" e "Parte interna dell'istituto di Belle Arti in Napoli" nel 1871; "Il mio ritrovo infantile", "La casa del centauro a Pompei" e "Fuori la loggia" nel 1872 (quest'ultimo quadro andò in sorte al signor Achille Sorrentino). 

Dalla seconda metà degli anni sessanta si era avvicinato, per il rapporto spazio-luce, al linguaggio pittorico degli artisti della Scuola di Resina, mostrandosi particolarmente vicino alla ricerca spaziale e luministica di Marco De Gregorio.

Nel periodo che va dalla metà degli anni sessanta alla metà del decennio successivo si può individuare la fase più intensa e felice della sua attività. A questo periodo risalgono "Villa Starace" "Via di Pozzano a Castellammare" e "I pini" . 

Comincia così la sua affermazione in sede nazionale e internazionale. Nel 1873 partecipò all'Esposizione universale di Vienna con "Avanzi di una casa feudale" (per cui ottenne in premio una medaglia), "Arco trionfale nel foro di Pompei" (ora a Napoli, Museo di Capodimonte) e "Le terme pubbliche a Pompei", quest'ultima acquistata dal principe Federigo. Partecipò inoltre a varie esposizioni nazionali: nel 1877 a Napoli, dove espose, fra gli altri dipinti, "Sala d'aspetto delle Terme Stabiane a Pompei", "Un Burrone" e "Castellammare"; nel 1881 a Milano con sette opere, tra le quali "Alture di Quisisana", "Bosco" e "Tramonto - marina"; nel 1883 a Roma, con "Usanze di Quisisana", "Viale di Quisisana a Sorrento", "Da Castellammare a Sorrento", tra le altre opere. 

Di ritorno da Roma intervenne, sempre nel 1883, alla Promotrice napoletana con due acquerelli, "Un Ponte" e "Sale del Trono dell'Imperatore Domiziano a Roma". Nel frattempo aveva preso parte all'Esposizione universale di Parigi del 1878 con un'opera dal titolo "I pini", quotata 2000 lire; l'anno successivo era stato presente alla Promotrice di Genova e a quella di Napoli; nel 1880 lo ritroviamo a Torino all'Esposizione nazionale di Belle Arti con ben otto opere, tra cui di nuovo "I pini" (n. 343 del catalogo), questa volta alla quotazione di lire 3000.

All'Esposizione di Torino del 1884 Gaeta riscosse un grande successo di critica e di pubblico, esponendo vari dipinti, fra i quali ricordiamo "Abitazione dei Cesari", "Nella Valle", "Abitazione di proletari nel contado napolitano".

Dopo il successo di Torino, nel 1887 Gaeta partecipò assieme a Domenico Morelli all'Esposizione nazionale di Venezia, dove presentò "Paesaggio di Castellammare a Quisisana" e la bellissima opera "Solitudine". Nella sua produzione si segnalano per la notevole qualità anche i ritratti, come quelli di "Angelina Scognamiglio" e dell'"Inglesina dalle trecce bionde", o come il ritratto di "Giovane adolescente", di forte introspezione psicologica, o ancora quello di un "Pescatore".


Nel luglio del 1887, mentre stava lavorando al dipinto "Via Suburbana", Gaeta fu aggredito da due uomini in contrada Mulinello a Castellammare, e, colpito gravemente, morì il giorno successivo. La prematura scomparsa ha certamente contribuito a offuscare la notorietà del pittore, quasi del tutto assente sul mercato e purtroppo anche nelle ricostruzioni storiche.























Castellammare di Stabia [na], 1840-1887

fino al 2.IV.2012 Enrico Tommaso De Paris Torino



Nel nuovo spazio torinese della Ermanno Tedeschi, si passeggia tra cosmi e microcosmi ancora inesplorati. Innesti e immersioni continue, negli spazi periferici del nostro tempo, caratterizzano la personale di De Paris -
pubblicato mercoledì 15 febbraio 2012
Si potrebbe pensare che una serie, apparentemente incontrollata, di accumuli intenda distogliere definitivamente la nostra attenzione dalle intenzioni originarie di un’operazione artistica, per  innescare una successione di continui complementi strutturali. Alla stesso modo, aiutandoci ad entrare in un mondo complesso e arbitrario, la stessa sequenza di appendici e accorpamenti potrebbe portarci a riflettere sul proliferare indifferente e misterioso della vita e del progresso. L’artista Enrico Tommaso De Paris (Mel, Belluno, 1960) sembra proporci, oltre a tutto ciò, un ironico gioco di andata e ritorno tra ininterrotta produzione di senso e successivo scavo alla ricerca delle molteplici estensioni che completano l’opera.  La mostra "Cosmos", che inaugura il nuovo spazio torinese della Galleria Ermanno Tedeschi, propone un percorso straniante ed eccessivo all’interno dei cosmi e dei microcosmi dell’artista. Pittura, scultura, installazioni, immagini digitali luminose e monitor, contribuiscono a immergere lo sguardo dello spettatore in un mondo tanto immaginario quanto saldamente innestato su basi biotecnologiche.
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All’interno di ogni universo pittorico o multimediale esposto in galleria, si possono osservare ulteriori diramazioni di escrescenze e il proliferare caotico di comunità periferiche.  Due grandi polittici, "H.O.T. " e "Good news", rivelano il fondamento estetico dell’operazione: la creazione di un sistema che trae linfa vitale dalla realtà, ma che se ne distacca per crearsi delle proprie regole. "Flussi" presenta strutture molecolari e astrazioni, asimmetrici scavi all’interno di un immaginario plasma cellulare; in questo senso, continui innesti e nuove variazioni non possono che portare alla creazione di opere totali. "Laboratory", struttura dinamica in acciaio inox, rappresenta un carotaggio: una sorta di immersione indagatrice all’interno dell’uomo e della sua cultura.
Creare per comprendere sembra essere il modus operandi privilegiato dall’artista. Contenuti psicologici e comunitari si sovrappongono e si trasformano per azionare, spontaneamente, una ricerca sul senso del nostro tempo e del nostro futuro.
ivan fassiomostra visitata il 2 febbraio 2012

dal 2 febbraio al 2 aprile 2012
Enrico Tommaso De Paris
Cosmos
Ermanno Tedeschi Gallery
Via Pomba, 14 – 10123 Torino
Orari: dal martedì al venerdì dalle 12.00 alle 16.00 o su appuntamento – ingresso libero
Info:  tel +39 011 4369917 - 
info.to@etgallery.it  -  www.etgallery.it
 
[exibart]

Nessuna trepidante agonia - da "L'EQUILIBRISTA...poesie del quotidiano"


Nessuna trepidante agonia


La casa che nasconde, ma non ruba
mi mette in ansia
quando non trovo più la mia pazienza.
Sarà il disordine, ma no
è la follia dell’ordine
per allungare il braccio e ritrovarti
senza l’impazienza di una volta
quando era bello scovarti
nell’angolo più ascoso della casa.
Che poi quant’è una casa  ?
Eppure cercavo per trovarti,
ma con quest’ordine
che anche l’ombra arriva alla stess’ora
per ogni oggetto che sta al posto suo
il non trovarti è come una bestemmia,
lo smarrimento dell’età adulta
che ti multa per ogni cosa
quando ti smarrisci
o non capisci ch’è meglio
accantonare quel discorso
che poi non t’interessa.
Ma poi cos’è la pressa  ?
Per me che ho pazienza
è un attimo di testa che non regge.
Se poi la legge pretende anche questo
quando ti amo spero che tu sia
ancora per qualc’ora
ancora mia, tiepida sostanza del mio essere
e companatico alla melodia
che sai infondermi
senza rincorrere nessuna trepidante agonia.


Gioacchino Ruocco
Ostia Lido          20/02/2012      ore 11,30                                                       


Inserita nella raccolta "L'EQUILIBRISTA...poesie del quotidiano"
iniziata il 13/09/2011

 

domenica 19 febbraio 2012

AL SUPERCINEMA



03 marzo 2012 

Uomini sull’orlo di una crisi di nervi 2


Note di regia

Dopo quindici anni di repliche con “Uomini sull’orlo di una crisi di nervi”, arriva il sequel dello spettacolo che ha raccolto migliaia di risate in tutta Italia. Pino, Ciccio e Nicola, sono tre uomini cacciati da casa e separati dalle rispettive mogli; dei tre solo uno, Ciccio, ha un lavoro fisso, mentre gli altri due, un musicista e un architetto, non se la passano molto bene. Le precarie condizioni economiche quindi costringono i tre a vivere insieme, nella villetta del nonno di Pino, formando una casa-famiglia, di drammatica attualità. Una domenica mattina torna Gianni, il quarto amico…Tra stupore e litigi e  riconciliazioni e nevrosi i quattro amici si ritrovano in una situazione disperata. L’arrivo di una splendida ragazza, che si presenta come dottoressa, darà alla storia un comicissimo finale a sorpresa.

regia  Marco Simeoli



CON ROSARIO GALLI 
FRANCO LO CASCIO
LUIGI RUSSO 
SEBASTIANO COLLA 
E FRANCESCA CECI




2011
2012
18 marzo 2012 

SEBASTIANO SOMMA E ORSO MARIA GUERRINI 
IN
Il Giorno della Civetta
Note di regia
Ci narra la storia di un dottore che scopre che le terme pubbliche, fiore all’occhiello della cittadina e apportatrici di innumerevoli villeggianti, sono appestate da inquinanti scarichi montani di conciatura delle pelli. Subito il dottore vuole fare un pubblico appello per denunciare la cosa e far porre rimedio a questo problema, ma da una parte suo fratello, rappresentante dei potenti azionisti di maggioranza delle terme, e dall’altra i redattori di un giornale popolare che si schiera contro i potenti della città, tutti si oppongono alla pubblicazione della relazione del dottore, e gli impongono di tacere.
Il dottore non riesce più a trovare nessuno che sia disposto a dargli ascolto, perché tutti sarebbero parte lesa nella questione. Gli appelli al potere sono inutili, quelli alla coscienza popolare anche: sia vinti che vincitori sono una schiera di opportunisti, interessati solo alla reputazione e al denaro. E’ in questo scenario che il dottore compie l’unica scelta possibile per lui: se prima vuole abbandonare la città, ora i accorge che la risposta migliore a questa situazione è data dalla conoscenza: vuole quindi istruire i giovani, poveri o ricchi che siano, per aiutarli a comprendere meglio la realtà, e a renderli cittadini di una società più civile di quella attuale. E’ splendida quest’opera, vero segno del pensiero elevato del suo autore, e apportatrice di un messaggio di rilevanza universale: la conoscenza, il sapere come mezzo per un futuro migliore.
di Leonardo Sciascia

di
Leonardo Sciascia
adattamento teatrale di
Gaetano Aronica
regia di
Fabrizio Catalano
con
Gaetano Aronica
Morgana Forcella
Roberto Negri
Alessio Caruso
Maurizio Nicolosi
Paolo Gattini
Luca Marianelli




Le giravolte del tempo - Da "L'Equilibrista...poesie del quotidiano"



Le giravolte del tempo


La crepa nel muro
invece di farmi paura
mi ha fatto pensare
a mille formiche
in fila che vanno
fin dentro le case
per avere qualcosa
per potersi sfamare.

Il tuo grido che mi cercava
affogava invece
nella disperazione
di una colazione
che non c’è stata.
Dopo avermi atteso
appena due ore,
un tempo infinito
per chi come te
ha il prurito
di correre sempre
a destra e a sinistra.

Son rimasto a sognare
per trovare un trapezio.
Le giravolte di un tempo
son purtroppo franate
per non aver saputo
trovarne l’altezza.
La giometria
non era il mio forte,
ma la vita mi chiede
un sorriso di gioia
che una capriola soltanto
potrebbe fornirmi
mentre corro
a riprendermi il tempo
di quando distratto
ho sprecato un contratto
per venirti a cercare
nella foto di gruppo
fra i volti stravolti
o già andati.

Quando è grande la crepa
che ogni formica
non vedo tornare.
Forse son rimasto a sognare
nel sogno che ho fatto
che mi ha distratto
che non so più se sogno
o son vivo o son matto.



                           Ostia Lido    19/02/2012      ore       17,00

                           
                           Inserita nella raccolta "L'EQUILIBRISTA...poesie del quotidiano"
                           presente in http://gentedistabia.blogspot.com
                           iniziata il 13/09/2011





sabato 18 febbraio 2012

Juve Stabia – Reggina : 2 – 1


Stadio Romeo Menti - Cmare di Stabia



Un risultato che porta a casa tre punti utili in attesa del recupero della partita col Pescara che non sarà certo una passeggiata, come non è stata la partita di ieri giocata con atteggiamento arrembante e in buona parte indovinato.

Il risultato non proprio pieno, come per gli altri incontri persi o pareggiati,  non è stato un regalo dell’avversario, ma un limite della squadra che non ha ancora il fiato necessario per arrivare alla conclusione della partita come l’ha iniziata.

Sarà il  manto sintetico i cui effetti andrebbero comunque osservati e studiati che possono comportare degli stress sulla struttura fisica dei giocatori, ma alla fine stava succedendo quello che già altre volte era successo: una rimonta sull'entusiasmo di un goal strameritato, ma arrivato come uno stramacchio . Un incontro entusiasmante per i quattromila tifosi di casa stava per trasformarsi nella solita beffa di un pareggio o addirittura di una sconfitta sui tiri alti che l’avversario lanciava verso la porta della Juve avendo accertato una certa deficienza difensiva sulle vie aeree.

Il Sau indomabile è dovuto uscire dal campo stremato nonostante l’entusiasmo che lo sosteneva, lo stesso stava per fare Zito che ripetutamente faceva presente il suo stato fisico.

Una partita che, tutto sommato,  restituisce tono alla squadra e tiene ancora vive le speranze non soltanto di una salvezza quasi certa ma anche di un’approssimarsi alla zona dei play off come da più parti viene scritto.


JUVE STABIA (4-4-2): Seculin; Baldanzeddu, Molinari, Maury, Dicuonzo; Erpen (27' s.t. Raimondi), Mezavilla, Scozzarella (45' s.t. Danucci), Zito; Danilevicius, Sau (39' s.t. Falcinelli). All. Braglia.

REGGINA (3-4-3): Zandrini; Freddi, Emerson, Angella; Ragusa, Rizzo (14' s.t. De Rose), Viola N., Rizzato; Melara (1' s.t. D'Alessandro), Bonazzoli, Ceravolo (33' s.t. Barillà). All. Gregucci.

ARBITRO: Riccardo Pinzani di Empoli

ASSISTENTI: Massimo Melloni di Modena - Valentino Paiusco di Vicenza

IV UOMO: Francesco Fiore di Barletta

MARCATORI: 27' p.t. Mezavilla (JS); 7' s.t. Sau (JS); 21' s.t. Freddi (R)

AMMONITI: Maury, Scozzarella (JS); Freddi, Ragusa (R)

NOTE: 0' rec. p.t.; 3' rec. s.t. CORNER: 7 - 7




Risultato dell'andata - Reggina - Juve Stabia :  1 - 2



IL BORGHESE GENTILUOMO



IL BORGHESE GENTILUOMO 
di Eugenio ESPOSITO 
(Castellammare di Stabia 1855 - Firenze 1929)

Commedia Musicale in 3 Atti (dalla commedia omonima di Molière). 
Testo di Pasquale De Luca. 
Rappresentata la prima volta a Mosca al teatro Solodovnikoff il 1° Gennaio 1905’
Mosca 1904. 4° br. pp.267, elenco personaggi.

Titoli e testo in italiano e russo. 

Sul frontespizio invio autografo dell’autore, firmato ‘Eugenio Esposito’ e datato ‘Milano 26 Marzo 1906’, alle signorine Marta e Jeanne Morini, interpreti della prima rappresentazione italiana dell’opera (Milano, teatro dei Filodrammatici, 22 maggio 1906). € 170,00


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La vita del vicolo: l’infiorata per la festa di San Nicola



Infiorata tipo


Ho vissuto nel Vicolo Sorrentino fino all’età di 13 anni, fino a quando la mia famiglia non si trasferì al Rione San Marco dove attualmente abita mio fratello Pasquale.

Superato il periodo della guerra il vicolo che non aveva subito danni apparenti riprese la sua vita con un tono più familiare, più sincero. Erano stati gli stati di emergenza a far nascere qualche attrito tra le donne che non si accontentavano di voler bene ai propri figli ma avevano fatto di tutto per assicurare loro la sopravvivenza arrivando qualche volta alle mani o a litigi verbali che è meglio non annotare in tutte le loro sfumature ed espressioni.

Quello che sto per raccontare accadde in occasione della festa di San Nicola protettore degli abitanti di Mezzapietra alla quale anche il mio vicolo appartiene.

Negli anni precedenti San Nicola si affacciava appena nel vicolo perché per la dimensione che ancora ha per tornare indietro bisognava fare un inversione di marcia che poteva avvenire girandosi solamente di 180 gradi e per quelli che reggevano il santo non era semplice per il peso da sopportare.

Filotino che ormai era diventato un apprezzato maestro d’ascia da far concorrenza a viso aperto a Don Carminuccio propose a tutti quelli del vicolo di dargli una mano a realizzare un’infiorata coprendone il selciato non con le foglie dei fiori che non sapevamo dove andare a prendere, ma con la segatura che aveva accumulato nella sua bottega in un anno di lavoro. A chi sollevava obiezioni rispose che avrebbe provveduto lui a colorarla, lui a fare le mascherine per i disegni se noi eravamo disposti ad aiutarlo manualmente nella posa in opera di quello che aveva progettato e stava approntando.

Naturalmente erano disegni che riproducevano composizioni floreali di tutti i tipi con cornici che richiamavano alla memoria quelle che lui utilizzava nella realizzazione dei mobili che gli commissionavano, mentre una, quella prossima al portone di casa sua avrebbe  raffigurata l’immagine del santo.

La progettazione richiese qualche mese di tempo e un altro mese se ne andò per fare le prove di composizione e il resto tempo libero che prima ognuno di noi occupava dedicandosi ai propri  interessi personali se ne andava nei preparativi che altri guardavano con sospetto pur avendo assicurato a tutti che non avrebbe sottratto il vicolo a nessuno per più di due giorni, dal sabato mattino alla conclusione della processione che si sarebbe svolta nel primo pomeriggio della domenica. Pur festeggiando il santo il 6 dicembre i festeggiamenti si svolgevano abitualmente il sabato e la domenica successiva per non sovrapporsi a quelli dell’Immacolata.

Quando arrivò il momento ognuno di noi si trovò al suo posto e sotto la direzione di Filotino il lavoro divenne uno scherzo. Anche quelli che erano critici vennero a dare una mano e nel pomeriggio arrivò anche Don Carminuccio con il figlio e i suoi aiutanti che resero l’impegno meno oneroso per tutti.

La sera del sabato il lavoro fu coperto con teli che furono fissati con le dovute precauzioni e il giorno dopo con pochi ritocchi, ma Pilotino che non aveva dormito ci fece trovare una scritta con la quale ringraziava proprio tutti, grandi e piccoli.

Quando arrivò la processione il parroco ebbe parole di elogio per l’infiorata che avevamo preparato manifestando tutto il suo disappunto di guastarla camminandoci sopra con la statua del santo. Come sempre capita in queste situazioni l’emozione prese il sopravvento e molti occhi si riempirono di lacrime, mentre un questuante raccoglieva qualche offerta nel cestino che presentava a tutti gli adulti come a pretendere il resto.

Molti si lasciarono andare e ci scappò più di qualche mille lire che all’epoca era ancora un bel valore.

Quando il Santo usci dal vicolo sulle spalle di quelli che lo trasportavano per terra rimase solamente una grande confusione di colori nei quali qualcuno di noi non tardo a tuffarsi e a far volare per aria.

Il vicolo a tarda sera sembrava un grande guazzabuglio condito di grida e di emozioni che risvegliavano il cuore e l’anima senza reticenza, senza ritegno. Anche gli uomini sembrava commossa e Luisa ‘e micciarielle cercava di riguadagnarsi un po’ di simpatia che aveva sprecato con continui litigi, offrendo da bere a grandi e piccoli, acqua e limone, vino e qualche dolcetto fatto in casa. Così pure Esterina che non aveva niente da farsi perdonare se non la sua avarizia o la parsimonia che metteva in tutto quello che faceva, Vicienzo limone che rompeva l’anima a tutti senza riguardo per nessuno neppure per mia madre che gli aveva cresimato la figlia Adele, Mimeva che con le sue modeste dimensioni e il su modo di vestire appariscente cercava di adocchiare qualcuno ancora disponibile, la famiglia Martone che riforniva di latte fresco tutto il vicolo e tanti altri che il tempo ha portato via dalla memoria.

Fu un’esperienza che tutti volevano ripetere, ma dopo qualche settimana era andata già nel dimenticatoio. Filotino trovò un posto fisso e il figlio di Don Carminuccio si sposò andando ad abitare altrove.

I figli della pimontese non erano mai a casa e quello più grande che leggeva Il Capitale di Carlo Marx non si impelagava mai in niente.

Ci volle provare Geppino, il fratello più piccolo di Filotino, ma la cosa non fu presa seriamente da nessuno. Filotino era un uomo fatto e Geppino ancora un ragazzo per quanto fosse diventato nel vicolo il più alto di tutti e la prima barba gli era cresciuta sul mento.

martedì 14 febbraio 2012

TECNICO DEL RESTAURO






  




Sono aperte le iscrizioni per il corso triennale di EnAIP Veneto "tecnico del restauro di beni culturali"
. Il corso, rivolto a diplomati e laureati, permette di conseguire una qualifica riconosciuta a livello internazionale. La selezione per l'ammissione è in programma martedì 28 febbraio.

Sede delle lezioni il Centro di restauro "Andrea Mantegna" a Piazzola sul Brenta (Padova), nato nel 1993 e oggi dotato di moderni laboratori e attrezzature all'avanguardia.
Per ulteriori informazioni e iscrizioni: www.enaip.veneto.it - 049 5590046 (referente: Stefano Moro).

Il "tecnico del restauro di beni culturali" opera nelle diverse fasi dell'intervento di restauro di dipinti e affreschi, manufatti lignei e lapidei, sotto la guida del direttore dei lavori o del restauratore conservatore. Sono altamente qualificanti, anche in vista dell'ingresso nel mondo lavorativo, le competenze trasmesse dal corso, che consentiranno di intervenire nelle diverse fasi del restauro: dall'esecuzione del rilievo grafico e fotografico di un manufatto all'analisi di laboratorio sulle problematiche e lo stato di conservazione dell'opera, dalla diagnostica sui materiali costitutivi, le cause di degrado, gli elementi materici e iconologici e il contesto storico-artistico, fino alla realizzazione dell'intervento vero e proprio. Gli studenti imparano anche a organizzare il laboratorio e il cantiere, rispettando la normativa sulla sicurezza, infine a redigere le relazioni degli interventi e ad archiviare la documentazione.

Le opportunità di lavoro
Il 70% degli allievi qualificati con EnAIP Veneto trova occupazione in cantieri di restauro architettonico, lapideo e di dipinti murali; il 30% in laboratori di restauro (dipinti, manufatti lignei). Complessivamente, ad un anno dalla qualifica ben il 77% di loro ha già un lavoro.
Uno dei punti di forza dell'Ente resta, infatti, la salda e radicata relazione con studi e imprese del territorio, che non solo ospitano gli allievi in stage formativi, ma spesso offrono loro opportunità occupazionali. Occasioni importanti che EnAIP Veneto propone anche in altri Paesi, grazie a significative convenzioni e collaborazioni, come quelle con restauratori e centri di restauro in Spagna (Catalogna), Francia e Gran Bretagna.

I progetti realizzati
Docenti e allievi del corso, negli ultimi anni, hanno realizzato numerosi interventi. In collaborazione con la Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia gli allievi hanno condotto il restauro degli affreschi dell'abside e del fregio del Santuario di Cordovado (PN), con i Musei Civici di Padova quello di due dipinti murali provenienti da un antico palazzo e di quattro dipinti su tavola, e per il santuario della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza hanno restaurato il ciclo pittorico della Via Crucis.
Attualmente è in corso il restauro degli affreschi di Palazzo Mocenigo a Padova (sede della residenza ESU "L. Meneghetti"), e una serie di interventi per Villa Contarini di Piazzola sul Brenta: dal restauro di alcuni dipinti su tela e su tavola a quello del lampadario ligneo della sala da ballo e del portale del Giardino dei Limoni.

Altre proposte
Ampia la proposta del Centro EnAIP Veneto di Piazzola nel settore del restauro: accanto al percorso triennale corsi di formazione e aggiornamento rivolti a professionisti, antiquari, collezionisti, o semplicemente appassionati; nel calendario 2012 anche i master "restauro dipinti su supporto mobile" e "tecniche innovative di restauro dei materiali lignei".



Centro di restauro "Andrea Mantegna"
via Vittorio Emanuele II, 1
35016 Piazzola sul Brenta - PD
tel. 049.5590046 - fax 049.9601026
piazzolasulbrenta@enaip.veneto.it 


Iniziativa cofinanziata dal Fondo Sociale Europeo nell'ambito del programma operativo 2007-2013 della Regione del Veneto. DGR 1119 del 02/03/2011

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