Flop Reddito di
cittadinanza, spesi tre miliardi per soli mille posti
Secondo fonti
sindacali i percettori del sussidio che hanno trovato un impiego dopo aver
siglato i patti per il lavoro sono al momento meno di mille su una platea di
oltre 700mila beneficiari occupabili
2 dicembre 2019 - È un bilancio
tutt’altro che positivo quello del Reddito di cittadinanza. A otto mesi dalla
partenza della misura tanto cara al M5s, hanno ottenuto un impiego solo mille persone, a fronte di tre miliardi spesi finora.
E tutto ciò nonostante i beneficiari “occupabili”, ovvero coloro che in cambio
del Reddito sono tenuti a sottoscrivere il “patto per il lavoro”, siano circa
700mila. I numeri non sono dunque lusinghieri: pesano ritardi e mancanza di attrezzature necessarie ai
navigator per svolgere il loro lavoro.
Reddito di
cittadinanza, i numeri del flop
L’Inps comunica che al momento sono
857mila le famiglie che usufruiscono del Reddito di cittadinanza. A 200mila vengono
corrisposti meno di 200 euro al mese. Sono invece più di 700mila i beneficiari
del sussidio considerati attivabili su un totale di oltre 2 milioni di persone
coinvolte. Secondo fonti sindacali riportate da Il Messaggero,
su queste 700mila persone occupabili che hanno usufruito del provvedimento sono
stati spesi circa 3 miliardi di euro per meno di mille posti di lavoro creati.
In realtà solo 50mila sono state contattate per firmare il patto del lavoro, la procedura burocratica
che dovrebbe portare – solo in teoria – il disoccupato sussidiato a trovare un
impiego, la cosiddetta fase 2 del reddito. Ovviamente ancora meno sono quelli
che hanno trovato effettivamente un lavoro grazie a navigator: si tratta dello
0,14%. Nulla, se si considera l’ enorme spesa sostenuta dalla collettività per
finanziare il sussidio grillino: 3 miliardi di euro.
Reddito di cittadinanza,
i motivi del flop
Si ipotizza che i numeri molto bassi
siano dovuti a problemi alla “fonte”. Le convocazioni nei centri per l’impiego vanno a rilento
tanto che molte persone non hanno ancora iniziato i percorsi d’inserimento nel
mondo del lavoro. Ma ci sono anche problemi di natura tecnica:
in diverse regioni ai navigator non sono stati forniti neanche gli strumenti
informatici necessari per svolgere il proprio compito.
I pochi beneficiari che trovano
effettivamente un lavoro, poi, lo trovano precario. Secondo l’Anpal, solo il
18% ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, tutti gli altri sono precari. Nei centri dell’impiego si
stanno accorgendo che molti beneficiari non hanno competenze minime neppure per
trovare un lavoro umile: hanno una scolarizzazione troppo bassa, il 60/70% con
un obbligo scolastico non completato, basse qualifiche in settori (come edilizia,
commercio, logistica) dove c’è turnover continuo, quindi potranno essere
impiegati solo a tempo determinato. Inoltre, le aziende cercano i profili di cui
hanno bisogno attraverso altri canali, sapendo che molto difficilmente
troverebbero qualcuno adatto tra i percettori del reddito iscritti ai Centri
per l’ impiego.
L’allarme dei
sindacati
I numeri mettono in allarme i sindacati.
Spiega Federico Bozzanca della Fp Cgil: “Anche se è ancora troppo presto per
parlare di un flop, questi dati dimostrano che in Italia non vi sono le condizioni per una ripresa dell’occupazione stabile,
indipendentemente da ciò che è stato messo in moto sul versante delle politiche
attive. Il sistema dei centri per l’impiego, poi, non è ancora in grado di
contribuire al rilancio delle politiche attive: c’è ancora carenza di
personale, i navigator in molte regioni non sono operativi, infine mancano più
in generale politiche di sistema che incentivino l’inserimento lavorativo”.
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