La recente visita agli impianti di Este e Trento per il trattamento dei rifiuti pone una serie di problemi. C'è un grave ritardo nella mentalità. Che si somma ad una chiara strategia perseguita nel passato: far tardare il territorio. Affinché se ne avvantaggiassero altri. Le nuove sfide dell'economia circolare non consentono altre perdite di tempo

Il tour organizzato dal presidente della Saf Lucio Migliorelli con un primo gruppo di sindaci del territorio per visitare le eccellenze nel trattamento dei rifiuti urbani in Italia mette a nudo una serie di problemi.

La premessa


Il presidente della Saf Lucio Migliorelli
Il presidente della società pubblica per la gestione delle immondizie prodotte dai Comuni della provincia di Frosinone ha individuato due tappe. La prima ad Este dove ha sede la Sesa – Società Estense Servizi Ambientali: lì vengono lavorati gli avanzi delle cucine ciociare che ormai da oltre un anno Saf non tratta più perché ha avviato l’adeguamento degli impianti alle nuove norme. Trasferire da Colfelice a fuori territorio quelle lavorazioni ha comportato per i cittadini il raddoppio della quota nella bolletta dei rifiuti. Sesa impiega 400 dipendenti, utilizza le tecnologie che Saf ha deciso di importare dopo avere incassato nei mesi scorsi il parere favorevole dei sindaci alla trasformazione radicale dell’impianto da Tmb (le lavorazioni attuali, meccaniche e di trito vagliatura) in fabbrica dei materiali. All’atto pratico: zero puzza, zero inquinamento, bio metano e fertilizzanti agricoli dai rifiuti.
La seconda tappa è stata a Faedo (Trento) dove ha sede l’impianto di compostaggio della Bio Energia Trentino. È un esempio nazionale perché ha dimensioni contenute, è tarato sulle necessità della provincia di Trento, lavora tutti gli scarti delle cucine trentine e ne ricava energia e gas. In quel territorio c’è la mano di uno dei principali esperti in materia, l’ingegner Luciano Piacenti che opera ad Anagni ed ha realizzato l’impianto inserito alla perfezione tra i vigneti del Valdobbiadene.

Per non dimenticare


Il tavolo per la bioenergia
A questo primo tour hanno partecipato i sindaci Bernardo Donfrancesco (Colfelice), Enzo Salera (Cassino), Roberto De Donatis (Sora), Domenico Alfieri (Paliano) e Francesco Lavalle (San Giorgio a Liri).
Il presidente della Saf lo ha organizzato per mostrargli con mano il livello di integrazione con l’ambiente raggiunto dalle moderne tecnologie per la lavorazione dei rifiuti. Nulla a che vedere con i processi produttivi di inizio anni Novanta che caratterizzarono l’avvio della Saf: grazie alla quale la provincia di Frosinone non è più andata in emergenza, non ha vissuto sulle sue strade i drammi visti a Napoli prima ed a Roma poi.
Solo per sollecitare la memoria: oggi la Regione ritiene necessario autorizzare il 5° maxi cratere a Roccasecca per interrarci i rifiuti che abbiamo accumulato in discariche d’emergenza prima che l’allora presidente Francesco Scalia imponesse la nascita di Saf, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta.

Il primo problema

Il primo problema che quel tour mette a nudo è che ben poco è cambiato nella mentalità dei sindaci nel corso di questo quarto di secolo. Nei mesi scorsi hanno approvato i conti della Saf, hanno condiviso le linee di gestione tracciate dal presidente Lucio Migliorelli, soprattutto hanno detto si praticamente all’unanimità alla riconversione dell’impianto. Benissimo.
Ma nessuno ha chiesto di andare a Trento e ad Este per vedere come funziona. Perché non si sono posti il problema di dover poi spiegare ai loro cittadini i motivi della loro scelta fatta durante l’assembleaQuella varata da Lucio Migliorelli è la più radicale trasformazione del ciclo dei rifiuti in provincia di Frosinone dall’inizio degli anni Novanta. È il balzo nel nuovo millennio che archivia definitivamente il concetto della buca nella quale sotterrare le immondizie (vissuto fino a quando l’Ue non ci ha impedito di farlo ed ha chiuso Malagrotta, la più grande discarica a cielo aperto in Europa). È il superamento dei Tmb e l’avvio della fine per i termovalorizzatori (nati quando siamo finiti in emergenza perché non potevano più portare a Malagrotta).

Il ciclo di lavorazione Saf
Il progetto della Nuova Saf, la Fabbrica dei Materiali, contiene quanto di più avveniristico, moderno ed ecologico esista al momento sul mercato. Possibile che nessun sindaco abbia voglia di vederlo e farsi dare un dvd da proiettare in consiglio comunale quando prima o poi qualcuno in cerca di notorietà andrà a cercare il pretesto?
La loro fortuna è che lo abbia capito Lucio Migliorelli, forte dell’esperienza maturata quando dirigeva un settore dell’assessorato all’Ambiente in Regione Lazio. Ha giocato d’anticipo.

Il secondo problema

Il secondo problema è chi soffia sul fuoco. Per anni le aree tra RoccaseccaColfelice e San Giovanni Incarico sono state teatro di proteste e manifestazioni. Giustissime e sacrosante in molti casi: le tecnologie fino a ieri avevano forti limiti e generavano come effetto collaterale i cattivi odori nei quali era impossibile vivere.
Non è un caso che Lucio Migliorelli abbia affrontato la questione in modo radicale: se a generare la puzza sono i rifiuti organici che fermentano li togliamo e cambiamo del tutto le tecnologie. Così ha fatto. Ma per un periodo i cittadini pagheranno il doppio? Paghiamo tutti il trasferimento della produzione fuori territorio, prima pagavano solo quelli che abitano in zona respirandosi i cattivi odori.

L’ingresso dello stabilimento
Una parte delle proteste però non era spontanea. A manifestare – ha scoperto all’epoca la polizia – arrivavano anche persone che nulla avevano a che fare con il territorio, con la provincia, talvolta con il Lazio. Non occorre uscire dal convento delle Orsoline per comprendere che il blocco del ciclo dei rifiuti in Ciociaria alimentava ben altri interessi fuori zona.
Lo smantellamento di alcuni schemi, operato dalle forze dell’ordine a Roma, ha avuto riflessi anche in provincia di Frosinone.
I sindaci ora non sono sotto assedio. Bene. Ma solo costruendo una mentalità ambientalista forte, radicata su elementi concreti e non sulle paure, sarà possibile evitare che qualcuno venga a soffiare di nuovo a Colfelice. E questa coscienza è ben lontana dall’essere costruita.

Il terzo problema

Il terzo problema è quello più pratico. Ed è quello sul quale il Legislatore, le prefetture, la Procura della Repubbblica, non potranno tardare molto ad intervenire. È il problema che l’ex presidente di Saf, Cesare Fardelli ha messo a nudo tante volte: tutte quelle in cui le associazioni gli chiedevano di poter ispezionare l’impianto.
La risposta era sempre la stessa: siete i benvenuti, ma chi siete, chi rappresentate, quanti iscritti avete che competenze possedete? Il rischio evidenziato da Fardelli è sempre stato oggettivo: non si possono mettere allo stesso tavolo un ingegnere ambientale e la signora Mariuccia. Che ha tutto il diritto di avere intorno a lei aria respirabile e pulita: ma il confronto tecnico può avvenire tra tecnici. Altrimenti si trasforma una cosa seria in una gazzarra da condominio.

Il vecchio ciclo di produzione
È il grande equivoco che sta emergendo in tutta evidenza in questi giorni. Con l’avvento dell’economia circolare, basata sul recupero e riutilizzo dei materiali, ci sono grandi progetti che possono modificare radicalmente l’assetto economico dell’intera provincia di Frosinone. Soprattutto ora che il futuro dello stabilimento Fca è del tutto incerto. E c’è chi ha tutto l’interesse di farli saltare. Per il motivo di cui al punto due: faccio cacciare nel giardino tuo così il business me lo porto nel giardino mio.
Le associazioni ambientaliste sono la migliore garanzia ed il principale stimolo per fare meglio. Ma a loro tutela va fatta chiarezza e pretesa trasparenza.
Nel frattempo, anche le visite ad Este ed a Trento vanno bene. Ma se vogliamo diventare estensi e trentini anche noi, prima o poi dobbiamo smettere di fare viaggi ed importare la mentalità ambientalista che lì gli ha consentito di realizzare quegli impianti. Mentre qui venivano bloccati da tonnellate di ricorsi ai Tar.