martedì 30 agosto 2011

G.S. - Silvio Siano: regista, soggettista e produttore cinematografico - 10






Silvio Siano

E' stato un regista, produttore cinematografico e sceneggiatore italiano.

(Castellammare di Stabia, 12 agosto 1921 – Roma, 4 maggio 1990)  

Talora noto con lo pseudonimo di Edgar Lawson

 

Biografia

Dopo avere collaborato con il regista Armando Fizzarotti, Siano fa il suo esordio come regista nel 1949, con Napoli eterna canzone.
Dirige altri film tra i quali Saranno uomini nel 1957 con Massimo Girotti, Silvana Pampanini e Francisco Rabal e La donnaccia, film neorealista meridionalista del 1965 interpretato da Dominique Boschero, nei panni di una giovane e bella prostituta di ritorno al paese natio.

Negli ultimi anni si dedica alla produzione. È il produttore di vari film, per lo più polizieschi, fra i quali Storie di vita e malavita diretto da Carlo Lizzani nel 1975 e di La Posta in gioco diretto da Sergio Nasca nel 1988 con Lina Sastri e Turi Ferro.

Filmografia

Regista

1949 - Napoli eterna canzone

1951 - Fuoco nero
1953 - Soli per le strade
1957 - Saranno uomini
1962 - Lo sgarro
1964 - La vedovella
1965 - La donnaccia
1966 - Ordine di uccidere, come Edgar Lawson

 

Produttore

1988: La Posta in gioco
1980: Poliziotto, solitudine e rabbia
1978: Poliziotto senza paura
1977: San Babila ore 20 un delitto inutile.
1975: Storie di vita e malavita
1974: Commissariato di notturna
1974: Cinque donne per l’assassino.
1974: Prigione di donne
1973: Il Tuo piacere è il mio

 

Sceneggiatore

1957Saranno uomini
1962 Lo sgarro,
1964La vedovella - regia di Silvio Siano

 

Soggettista

1965: Tre dollari di piombo (Tres dólares de plomo), regia di Pino Mercanti
1964:
La vedovella 
1962:
Lo sgarro  


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Dal quotidiano Il Mattino, 13 gennaio 1962 a firma V.R.:

Silvio Siano, regista de "Lo sgarro", è al suo primo film. Di lui non so altro, ma esaminando il suo lavoro al lume di un giudizio che intenda tener conto di questa sua acerba esperienza, debbo riconoscere che "Lo sgarro", anche se non ha quel rigore di stile che ebbe, per esempio, "La sfida", dalla quale "Lo sgarro" discende, anche se è raccontato con una certa rozzezza, senza alcuna preoccupazione di eliminare quei caratteri popolareschi che il film conserva, rivela, tuttavia, una esuberanza, una generosità, un cuore che riescono a dare alla narrazione una sua concitata drammaticità. E il film si vede volentieri, anche perchè interpreta il sentimento popolare che vuole assistere al trionfo del bene sul mare, come accadeva nelle nostre indimenticabili sceneggiate di un tempo. Siamo in un paese, presumibilmente nei dintorni di Napoli, dove un prepotente esercita il diritto del più forte, imponendo la sua legge, quella  che egli si è fatta con l'aiuto della sua guardia del corpo, nel mercato delle carni. Il paese, dove è quasi inesistente la tutela dell'ordine, affidata a pochissimi agenti che non si vedono mai nel film, sopporta tutte quelle angherie perchè sa di essere dalla parte del più debole. Ma un giorno vedendo una bambina cadere uccisa dalle raffiche di quei prepotenti, gli abitanti del paese riescono a trovare l'energia necessaria per insorgere, per rivoltarsi contro l'uomo che li ha dominati per tanto tempo. E noi assistiamo alla sommossa popolare, forse un pò ingenuamente espressa ma sempre con spontaneo calore, alla fuga di quegli sciagurati che vengono inseguiti dalla folla e alcuni uccisi. Il bene non può non trionfare. E' una legge eterna alla quale gli autori del film si sono richiamati, sapendo di fare cosa gradita al pubblico. Di rilievo l'interpretazione di Gérard Blain, di Charles Vanel, di Saro Urzì, di Ubaldo Granata, di Luisa Conte e della tenera, quasi evanescente Gordana Miletic. Bianco e nero.

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