giovedì 6 settembre 2012

‘A capera da "Mestieri scomparsi"







La capera era la parrucchiera a domicilio, antenata napoletana del coiffeur. Il suo era un mestiere duro, fatto di arrampicate per vicoli e per scale, esposto alle lamentele di una clientela difficile; non a caso il proverbio dice "lo denaro della capera è denaro che sa de fele". I suoi ferri del mestiere erano i pettini, le "pettinesse" e le pinze infuocate per arricciare i boccoli tirabaci.
Particolari acconciature erano studiate per le "maeste", ossia le popolane di riguardo, alla vigilia del pellegrinaggio al santuario mariano di Montevergine.

Lavorando a domicilio, inoltre, la capera raccoglieva sfoghi, indiscrezioni, notizie sussurrate; prometteva di non riferire ad anima viva ciò che aveva saputo in via confidenziale, ma quasi mai manteneva questo impegno. Così capera è divenuto, ed è tuttora, sinonimo di donna pettegola.
Raffaele Mastriani, a proposito della capera, così scriveva: "la capera si chiama ordinariamente Luisella, Giovannina, Carmela; ella veste sempre con molta nettezza ed anche con alquanta ricercatezza pel suo stato; ma in particolar modo il suo capo debbe essere specie di mostra, di campione, di modello non pur per le donne popolane, bensì per quelle di civili condizioni".
Tra le capere più note, ricordiamo Nannina, orgogliosa dello sfregio lasciatole su una guancia dalla rasoiata dell'amante tradito.“ (1)

Non è che il mestiere sia scomparso. Col tempo e con i ritrovati tecnici che hanno reso più agevole lavare i capelli, tagliarli, colorarli e metterli in piega o solamente pettinarli ed acconciarli il mestiere si è trasformato acquistando una fisionomia nuova, regolamentato e previsto in una forma che non consente di arrivare a domicilio come succedeva negli anni passati, specialmente nel dopoguerra quando tutti cercavano il modo di arrangiarsi con dignità e coraggio mentre il paese si organizzava.
Oggi esistono negozi di parrucchiera che oltre a prendersi cura dei capelli forniscono altre prestazioni, come la cura delle unghie della mani e dei piedi, la vendita di prodotti di bellezza, ecc. ecc.

Quella di cui parlo nel mio scritto l’ho vista all’opera più di una volta sempre quando abitavo nel Vicolo Sorrentino quando svolgeva la sua prestazione, durante il periodo estivo, all’aria aperta davanti alla porta della signora che l’aveva chiamata per farsi pettinare i capelli che quasi tutte le donne portavano molto lunghi anche se con l’avvento delle truppe di liberazione qualcuna più giovane aveva incominciato a tagliarli corti facendoli arrivare appena sulle spalle.

All’epoca c’erano ancora quelli che i capelli li acquistavano per farci parrucche sia per le persone sia per le bambole in quanto le fibre di nailon erano ancora da venire per cui quelli taglaiti venivano conservati fino a quando non passava ‘o capillaro, altro mestiere andato in soffitta.

Dopo aver lavati i capelli, operazione che avveniva quasi sempre all’interno della casa nelle prossimità dei servizi igienici e della cucina dove veniva riscaldata una grande pentola d’acqua, se il tempo era buona e soleggiato l’attività di asciugatura e pettinatura avveniva fuori al sole in quanto l’asciuga capelli non era ancora in auge neppure presso le famiglie benestanti.

Sulle spalle della donna da pettinare veniva appoggiata una mantellina e se necessario anche un asciugamani per assorbire l’acqua ancora presente sui capelli e quando questi erano asciutti, dopo che erano stai spostati in avanti per con un colpo di testa o riportati indietro con una pettinata effettuata con un pettine a denti grandi e distanti tra loro iniziava il trattamento dei capelli con oli vegetali per renderli più lucenti o con l’adozione di coloranti vegetali per eliminare i primi segni di incanutinamento o per dar loro delle coloriture che rafforzavano il colore naturale o lo variavano con  toni che riuscivano ad attirare l’attenzione anche dell’uomo più sbadato o l’invidia delle altre che immediatamente prendevano nota per provare le stesse emozioni nell’adottarle.

Tra un passaggio di pettine e l’altro tra i capelli per districarli ed allinearli in modo da evitare annodamenti fastidiosi nel sistemarli la “capera”  e la signora incominciavano in una fase di rilassamento dopo quelle iniziali che erano sempre le più laboriose e fastidiose per la temperatura dell’acqua o per l’irritazione degli occhi dovuta al sapone adoperato per lavarli, a parlare del più e del meno.

Qualche volta con i capelli ancora avvolti in un panno per contenere il gocciolamento dell’acqua che ancora li rendeva umidi, anticipando i tempi si concedevano un caffè che soltanto la napoletano poteva permettere con il tempo che ci voleva per far transitare l’acqua calda dal contenitore capovolto dopo l’ebollizione alla vera caffettiera col beccuccio che piano piano andava riempendosi goccia a goccia come la tecnica consentiva.

Prevedendo un certo pubblico di vicine sfaccendate, data l’ora, aveva preparato una macchinetta da sei col caffè che aveva macinato prima dell’arrivo della “capera”.
Il chiacchiericcio iniziava subito dopo prendendo l’avvio da un complimento per la bontà del caffè che era sempre lo stesso che compravano anche loro. Un’ora buona del mattino dalle dieci alle undici passava così con la “capera” che pettinava e loro che facevano domande e commenti confidenze che sarebbero state riportate presso la famiglia del prossimo appuntamento assieme alle eventuali ambasciate e ambasce che le ragazze del vicolo le affidavano fidandosi sulle sue capacita di mediatrice e in qualche caso di mezzana. Un botta e risposta che non sarebbe mai finito se non c’era mezzogiorno di mezzo e qualche marito tornava per mangiare qualcosa per poi tornare al lavoro in bottega nel vicolo appresso o nel negozio che all’epoca vendevano sempre un po’ di tutto a differenza del panettiere che al pane finiva qualche volta per accomunare anche alti generi alimentari come quella di Giuseppina ’e Milano che però il marito non lo aveva  e nessuno ne parlava mai.

Generalmente i capelli venivano intrecciati e poi portati sulla dove venivano agganciati agli altri per mezzo di ferretti di osso dello stesso colore dei capelli o di metallo sottili ed invisibili che finivano col dare l’idea che le trecce si mantenessero su per miracolo.

Quando la “capera”  aveva finito il suo lavoro raccoglieva le sue cose in una borsa e con discrezione si faceva pagare dalla signora con gesti che davano l’dea di un gioco di prestigio.

La signora era entrata in casa si era guardata allo specchio e senza rendere noto alle altre il contenuto dei suoi cassetti aveva prelevato dal gruzzolo la cifra stabilita  l’aveva posta nella mano dell’altra che l’aveva raccolta ponendola all’interno del reggiseno dove l’avrebbe custodita fino a casa.




Quando la “capera”  non era disponibile le donne del vicolo si arrangiavano fra di loro mettendo in pratica il proverbio “Vedenno fà, sapenno fa”.

In fin dei conti non erano tanto delle acconciature che avevano bisogno, ma della pulizia dei capelli e del cuoio capelluto dove qualche volta rischiavano di annidarsi pidocchi ed altro.

Per una bella lavata di testa non occorreva certamente un’esperta come la “capera”  che, a volte, la tirava per le lunghe e costava che, invece, andava bene quando c’erano le feste, per essere più in ordine.

La testa qualcuna se la rifaceva ogni mattina perché non riusciva a dormire con i ferretti in testa e poi erano comparsi degli attrezzi per stirare i capelli o per arrotolarli. Bastava riscaldarli un tanto e il gioco era fatto per cui le ragazze sulle quali la tecnica era stata sperimentata incomincivano a girare con i capelli arricciati sembrando più carine e le mamme prendevano ad imitarle.

Nel dopo guerra cambiarono tante cose, tanti modi di vivere per cui nel giro di una stagione i vicini o noi stessi cambiavamo aspetto e modo di vestire con l’arrivo dei panni usati e della musica americana che le radio trasmettevano a tutte le ore.

Ci mise un po’ di tempo la “capera” ad andare in pensione, anzi forse non ci è mai andata in quanto ogni tanto quando i soldi in giro sono pochi qualcuna la risuscita e torna a fare i capelli a domicilio.

                                                                                      Gioacchino Ruocco






(1) Nota da Internet

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