giovedì 11 ottobre 2012

‘O nevaiulo (venditore di neve o ghiaccio)




Neviera Arcibessi


Fino ad una certa età avevo creduto che il ghiaccio che mangiavamo grattato addizionato con sciroppi di vario gusto fosse solamente quello prodotto dalla fabbrica che si trovava in via Luigi Densa.

La “bacchetta” come veniva normalmente chiamata la forma nella quale era prodotto, per essere trasportato, veniva avvolta in un sacco di iuta che aveva il pregio di impedirle di sfuggire alla presa e nello stesso tempo di ridurne lo scioglimento al minimo fino alla fase di utilizzo sul banchetto di vendita o nelle altre attività per le quali era stato acquistato.

Il ghiaccio veniva prelevato con un attrezzo di alluminio che era armato con una lama nella parte inferiore che veniva passata sulla bacchetta. La neve grattugiata si raccoglieva all’interno del contenitore che veniva svuotato quando si era riempito.

Il venditore, in genere, era lo stesso che vendeva la granita di limone, oppure era uno di quelli che viveva facendo i mestieri che le stagioni suggerivano per cui un giorno vendeva i cazzimbocchi, detti anche cazzibbocchi e cazzibò, per la loro somiglianza ai cubetti di porfido utilizzati per pavimentare le strade, un altro le pannocchie, un altro le fave, un altro le noci e via così,  riuscendo, in alcuni casi a raggranellare una piccola fortuna sfuggendo con le loro improvvisazioni e l’atteggiamento bonario delle forze dell’ordine sia ai controlli igienici, sia a quelli tributari che non erano particolarmente attenti nei confronti di quelli che vivevano alla giornata che era  e forse ritornerà quanto prima di moda, come un altro modo di sopravvivere alla miseria che avanza.

Nel dopo guerra i frigoriferi di oggi non erano ancora arrivati nelle nostre case anche se si aveva notizia della loro esistenza nei paesi più progrediti (vedi gli Stati Uniti), al massimo qualcuno faceva uso delle ghiacciaie dove veniva introdotto del ghiaccio che si cospargeva di sale per non farlo sciogliere rapidamente che serviva a raffreddare lo spazio del mobiletto che veniva utilizzato per conservare le derrate alimentari più deperibili. Le macellerie avevano delle grosse celle refrigerate da impianti che andavano ad ammoniaca.

Nelle famigle che vivevano di stipendio o salario si compravano piccole quantità dei prodotti che venivano consumate nel giro di qualche giorno facendo attenzione a tenerle lontano da sorgenti di calore.

Di venditori di ghiaccio nella mia fanciullezza non ne avevo mai sentito parlare in quanto per conservare la carne dei maiali che i miei nonni materni macellavano e tenevano per loro venivano messe sotto sale o trasformate in prodotti che ne consentivano la conservazione per molti mesi in locali ben ventilati ed asciutti come ancora avviene.

Ne presi nota leggendo i giornali che arrivavano in casa o ascoltando i racconti dei più anziani che raccontavano di persone che si dedicavano in montagna sia alla produzione del carbone di legna e della carbonella sia all’ammasso della neve in grandi fosse  dove l’ammassano su strati di foglie per isolarla dal terreno che sarebbe diventato inevitabilmente fangoso rovinando il prodotto.

Le fosse erano più di una permettendo di gestire il prodotto per alcuni mesi fino all’esaurimento.
Il prodotto veniva tagliato con seghe come quelle che adoperavano i boscaioli per tagliare tronche di grosse dimensioni o dai maestri d’ascia nei cantieri navali per ridurli in tavole.

I pezzi tagliati avevano la forma dei parallelepipedi per ottenere corpi lunghi ma si spessore adeguati alla presa e una migliore sistemazione su carretti di cui si servivano.

Il traffico incominciava con l’arrivo della primavera quando l’aria diventava più tiepida e si sentiva la necessità di raffreddare gli alimenti più deperibili.  Nelle prime ore del mattino quando la luce del giorno permetteva di compiere le operazioni di taglio e di pulitura del prodotto per esentarlo dalle impurità che potevano scaturire durante gli spostamenti e la collocazione sul mezzo di trasporto.

Le cosiddette neviere hanno rappresentato l’unica possibilità di procurarsi un prodotto che altrimenti non era possibile produrre fino all’inizio del ‘900.  Le neviere erano costruitrealizzate adottando particolari misure che dovevano consentire di conservare la neve ghiacciata anche durante l’estate ritardandone la liquefazione. Il loro ingresso era per lo più rivolto a Nord, per ridurre l’azione su di esse l’azione del sole. Fuori dal nostro territorio si racconta di neviere presenti in  Puglia che reggevano tutto il fabisogno locale. Alcune di esse sono rimaste in esercizio fino al 1914 con incarichi dell’amministrazioni locali.

La neve raccolta veniva compressa con pale o altri mezzi a disposizione affinchè compattandola il più possibile assumesse le caratteristiche del ghiaccio. Si formavano strati alti dai 20 ai 30 cm alternando strati di paglia di circa 1° cm per avere pronti i livelli di neve da tagliare. Con questo metodo si arrivava a produrre ammassi che raggiungevano i 5 m sulla sommità dei quali si poneva altra paglia o strato di foglie per assicurare al prodotto un migliore isolamento termico.

La raccolta veniva effettuata ogni qualvolta  le precipitazioni erano copiose, abbondanti. Le classi più abbienti provvedevano per i loro bisogni, ma col tempo erano nate anche delle neviere  regolamentate dalle amministrazioni pubbliche per assicurare il ghiaccio anche alle popolazioni meno abbienti. Il contratto di gestione duravano un anno, quando non era il privato stesso ad organizzarsi.

Le regole imposte prevedevano un acquisto non superiore ai 5 Kg mentre per i gelatai ne potevano acquistare fino a 20 Kg prenotandosi con un anticipo di 48 ore.
A vigilare sulla qualità era sempre l’autorità comunale, il cui giudizio era insindacabile. Per gli usi alimentari valeva il concetto che doveva essere rigorosamente pura “da bicchiere”.
Il produttore doveva garantire nel suo spaccio una disponibilità giornaliera minima di un quintale, mentre gli era concesso un tempo non superiore alle sei ore per rifornire lo spaccio per soddisfare le richieste.


Neva/neve: neve, ghiaccio.
Nevajola: venditrice di neve.
Nevaiuolo: venditore di neve.
Nevera: deposito di neve, neviera.

Alcune altre NEVIERE





Modo di dire: friddo cchiù de nevera; / di chi non ha grazia nel parlare o di chi non ama.




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