sabato 15 ottobre 2011

Gragnano - Castellammare / Avvenimenti di guerra che tornano



Stazione ferroviaria di Gragnano


Mi è capitato di leggere sul “Libero Ricercatore” la lettera di Gianni Ferraro da Jesolo sui comportamenti delle truppe di liberazione tenuti durante la loro presenza sul territorio di Castellammare e dintorni.

Gli avvenimenti riferiti all’ultima guerra mondiale da qualsiasi angolo vengono visti sono per me sempre ugualmente tristi per la ferocia dei comportamenti attuati dagli occupanti che in quel momento erano i nostri nemici e dai quelli che venivano a liberarci.

La guerra è guerra e non cambia aspetto se la vediamo con gli occhi dei liberatori o degli occupanti. Queste distinzioni le fanno soltanto i pusillanimi.

La ferocia degli uomini non ha corrispondenza negli altri esseri e il liberatore non portava con se solamente la nostra libertà. Portava il suo potere, la sua deterrenza distruttiva per eliminare dal territorio l’altro, il nemico che lo occupava.

Quello che successe è uno dei tanti episodi che sono scaturiti dalla liberazione ad opera di militari non avvezzi alla "macellazione" dei propri simili, che sconvolti dagli avvenimenti assumono atteggiamenti deprecabili, in alcuni casi, mentre in altri e per altri versi sono diventati eroi per aver lasciato sul terreno del confronto bellico la loro vita.

Una guerra porta con sé tutte le contraddizioni di questo mondo. Da un’azione violenta non si può pretendere il rispetto del galateo. Gli elementi più deboli andrebbero lasciati a casa, ma non sempre è possibile farlo perché le guerre per essere vinte hanno bisogno anche dei più deboli a sopportarla. Le sofferenze che le guerre comportano hanno bisogno di uomini in grado di sopportarle senza lamentarsi.

La perdita di un proprio caro, come è capitato alla mia famiglia a guerra finita ad opera di elementi delle truppe di liberazione, mi ha insegnato che il dolore di quella perdita non poteva trasformarsi in odio e non abbiamo mai odiato quei soldati polacchi che per realizzare il loro malaffare spararono contro mio zio che era rientrato da quaranta giorni da diciottomesi di prigionia passati nei campi di lavoro tedeschi nella Ruhur e transitava sulla strada, l’unica da percorrere, davanti al campo di residuati bellici dove si era consumato la "borsa nera" per andare alla stazione di Torre Centrale per prendere il treno per Bagnoli dove c’era la fidanzata che lo aspettava.

Un esempio per tutti è e resta il film la Ciociara di De Sica che racconta una storia dell’epoca senza acrimonie, da spettatore imparziale desideroso di riconquistare anch’egli la libertà che il passato regime gli aveva per certi versi negata.

Qualcuno direbbe che in cambio abbiamo dato poco, ma una vita spenta è una vita che non si rinnova e va tenuta in giusto conto. Gli avvenimenti passati dovrebbero insegnarci proprio questo. Le guerre non sono necessarie se tutt’i giorni affrontiamo democraticamente i nostri problemi portandoli a soluzione senza l’uso della violenza, senza i sotterfugi degli incapaci, ma furbi.

Gli avvenimenti di ieri ancora una volta mi fanno pensare che nel nostro paese c’è in atto un progetto di sopraffazione per il mantenimento del potere sia economico che giuridico su binari che passano lontano dalla libertà e che la libertà gradita a questi signori è solamente quella di utilizzare lo stato per i propri bisogni.

Le guerre danno da parlare, fanno discutere fino a quando le ragioni dell’uno non diventano quelle dell’altro. L’animo non s’acquieta facilmente se non conosce le ragioni del suo interrogarsi. Noi siamo uomini e dovremmo far frutto della nostra umanità che, credo, ha gli elementi per capire e non essere di parte se non di quella parte che vuole capire e trovare la pace di cui abbiamo bisogno.

Ancora una riflessione. Perché quel soldato quella sera si era ubriacato ?  Perché, secondo, a tante miglia lontano della sua casa non sopportava più il sangue di quella guerra in cui l’avevano obbligato ad essere presente e non aveva trovato con chi parlarne, con chi sfogarsi, una persona pronta ad accogliere il disagio che non riusciva più a sopportare, perché qualcuno gli aveva fatto credere che un buon bicchiere avrebbe calmato l’anima e tutto il resto….

Ecco perché.….e questa potrebbe essere l’unica ragione di quell’avvenimento deprecabile fin quanto volete. Per il resto non abbiamo ancora i numeri per conoscerne la valenza… a cosa dovevano servire quelle morti…

Stazione FS di castellammare di Stabia



Dal Libero Ricercatore

martedì 11 ottobre 2011
Ci scrive Gianni Ferraro da Jesolo:
"Scorrendo la corrispondenza delle "lettere alla redazione", la richiesta dell'amico Silvano Cannavacciulo da Boston, ha scosso un po' la mia memoria catapultandomi indietro nel tempo di oltre 65 anni. Il fatto cui lui fa riferimento credo rappresenti una delle pagine più tristi del periodo in cui a Castellammare, o a Gragnano, c'erano le truppe alleate. Non che gli americani ci facessero del male, non dico questo, sicuramente però le loro bravate erano tutt'altro che cose da poco conto. Io a quell'epoca avevo appena sette anni, ma la scena di quella locomotiva, mezza dentro e mezza fuori dalla stazione, non la dimenticherò mai. Era il 1944, non ricordo esattamente che mese fosse, ed io con tutta la mia famiglia arrivavamo da Terracina per stabilirci a Castellammare presso la mia nonna materna che abitava ad un centinaio di metri dalla Stazione dove accadde l'incidente. Ricordo che di quel fatto, per tutta la durata in cui la locomotiva rimase imprigionata tra le pareti della stazione, si fece un gran parlare e tutti dicevano la loro. Solo quando si svolsero di lì a pochi giorni dall'impatto i funerali delle vittime si seppe poi che la locomotiva era partita da Gragnano azionata da un soldato americano ubriaco, incapace di condurla, e questa aveva finito la sua corsa nella stazione di Castellammare uccidendo nel sonno alcuni militari italiani mentre dormivano nella sala d'attesa della stazione. Non so se questa testimonianza possa soddisfare il mio amico Silvano, ma che mi ricordi io, mai nessuno me l'ha mai raccontata in maniera diversa, nemmeno un paio di parenti ai quali ho chiesto se di quell'accaduto conoscessero una versione diversa. Le vittime ci furono, eccome!!
Cordialmente Gianni Ferraro da Jesolo".

"

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