mercoledì 10 luglio 2013




Belviso svela i misteri di Castellammare: «La camorra decise di votare Vozza alle amministrative»
I rapporti politici con i Tommasino e le nuove ipotesi sull'omicidio. Spunta il caso dei lavori al Tropeano
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“Al momento delle elezioni del sindaco di Castellammare Pasqualino D’Alessandro ha dato l’ordine di appoggiare Vozza Salvatore”. Parola di Salvatore Belviso, il pentito numero uno della camorra stabiese.

E’ il 4 novembre  scorso, data uffi ciale dell’inizio della sua collaborazione con la giustizia, e c’è una domanda che preme più di tutte al pm della Dda Claudio Siragusa che, affi ancato dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, lo interroga: perché il 3 febbraio 2009 è stato ucciso il consigliere comunale del Pd Gino Tommasino? Belviso quella risposta non la dà. Sostiene di non conoscere il movente esatto, ma indica il mandante: il ras di Scanzano Sergio Mosca, suocero del boss Pasquale D’Alessandro “compariello” dei fratelli Tommasino.


Il medico Giovanni che dopo l’esperienza   da assessore all’Urbanistica nella giunta di Ersilia Salvato in quota Margherita cede il timone al fratello minore Gino, che nel 2005 si candiderà con lo stesso partito per poi passare al Pd, quando ci   sarà la fusione con i Ds. Sono loro, i fratelli Tommasino, i politici con cui Sergio Mosca ce l’aveva perché si erano “dimenticati” di Scanzano.

“Pasqualino ha fatto bene a tanti di loro, ha fatto mettere  sulle poltrone a tanti di loro. Sta Pasqualino carcerato, nessuno se lo ricorda più. «A disposizione, a disposizione», poi «a disposizione» di cosa? Ci vogliono i soldi.

«Qualsiasi cosa a disposi zione», ma i soldi?”: sono queste le parole che Belviso mette in bocca a Sergio Mosca. In particolare il suocero di Pasquale avrebbe detto che il “problema era Tommasino” indicato come uno  che “stava ‘ncoppa al Pd”. Un politico, dunque. Belviso lo avrebbe saputo fi n dal primo momento che quello da uccidere non era uno “di mezzo alla via”.

Eppure in più punti nelle sue dichiarazioni, rintuzzato dalle domande del pm dell’Antimafi a di Napoli, sostiene di avere capito di chi si trattasse soltanto dopo l’omicidio, quando giornali e televisioni di tutta Italia davano la notizia di un consigliere comunale ammazzato sotto gli occhi del fi glio per mano della camorra. Contraddizioni che ora sono al vaglio della Dda. Quello di cui, però, appare certo Belviso è il legame che stringe il clan di Scanzano con i due rappresentanti del centrosinistra.

“Il rapporto tra il clan D’Alessandro e i fratelli Tommasino Luigi e Tommasino Giovanni era risalente nel tempo”dichiara il pentito. Che fa una distinzione tra i due assegnando a Giovanni un ruolo maggiore. “Quando si è tolto Giovanni dalla politicaspiega al pmera Tommasino (evidentemente riferendosi a Gino ndr), ma Tommasino non stava bene con il sindaco, erano in rotta”. E subito dopo Belviso aggiunge: “Quando c’era un’imbasciata che si doveva fare al sindaco, si doveva dire a Giovanni Tommasino”.

Se e quali ‘imbasciate’ siano stati portate da Tommasino senior all’allora sindaco Salvatore Vozza non è dato di sapere dalle dichiarazioni di Salvatore Belviso depositate al processo per l’omicidio del consigliere comunale, nel quale è imputato insieme a Renato Cavaliere e Catello Romano. Sono due i settori che Belviso indica come di ‘pertinenza’ di Gino Tommasino: Terme e Sintesi. Due capitoli della vita amministrativa che Belviso descrive così: “per qualsiasi cosa si doveva parlare con Tommasino”.

Con quel consigliere comunale poi ammazzato. Con quel consigliere comunale votato nel 2005. Quando era candidato a sostegno del sindaco Vozza, poi eletto, che avrebbe così goduto dell’appoggio del clan D’Alessandro.
05/04/2012
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