giovedì 15 giugno 2017

"La stabiesità forse non esiste più"

E' vero che quando mi sentono parlare mi chiedono se sono di Napoli, ma quando rispondo che sono nato a Castellammare di Stabia qualcuno mi risponde con un sorriso di compiacimento ricordandosi, come l''ultimo ha fatto, che si era fidanzato con una ragazza di Castellammare che abitava vicino alle terme del Solaro.

Un altro si è ricordato di quando era bambino e la famiglia lo portava a prendere l'acqua al porto per portarsela a casa come cura.

Qualche altro invece, come la signora che lavora alla CONAD vicino casa, ha voluto sapere che ci facevo a Ostia Lido chiedendomi: - Ma voi siete di Castellammare ? Alla mia risposta affermativa non voleva credere che abito ad Ostia dal 1973.

Lei invece era arrivata da poco. Il marito, romano, non trovando lavoro a Castellammare si erano trasferiti ad Ostia dove qualcosa si trova ancora anche come abitazione.

La stabiesità è come l'acqua della Madonna per chi se la beve e crede di sentirsi meglio come se altr acque non togliessero la sete anche loro. Qualche volta espatria come qualche anno addietro quando la trovai imbottigliata nel supermercato su via dei Romagnoli o viene servita sotto mentite spoglie con altre etichette come l'acqua acetosella. Chi beve e chi mangia beve e mangia di tutto. Se non gli procura disturbi intestinali va sempre bene fino a quando non fa l'esperienza di arrivare a Castellam- mare e beve e mangia cose che poi scopre a lui note.

La stabiesità annotata dal LIBERO RICERCATORE elenca una infinità di modi di viverla.  La prima stabiesità sta proprio nel modo individuale di esserlo da parte di ogni stabiese. E' il nostro individuali- smo anche quando ci rassomigliamo a farci diversi ed uguali in questa diversità.

Due che vanno d'accordo  a Castellammare non li trovi mai, forse non sono stabiesi autentici. Hanno addosso sangue misto. A Roma per sentirsi romano la famiglia di provenienza deve avere sette generazioni di anzianità nella città, a Castellammare per essere stabiesi dovremmo forse risalire ad Ercole che ne fu il fondatore o a quei romani che ci venivano a villeggiare e poi trasformarono gli stabi in ville e che ville anche se i resti sono pochi. Basta pensare alla famiglia di Plinio. Più avanti sono arrivati da tutte le parti del mondo o per rapinare o per restare per il tempo nenessario a fare i fatti propri, nei tempi più recenti, da tutto il mondo, dal nord e dal sud,  dall'oriente e dall'occidente fino alla Cina.
Ognuno tornando portava le sue esperienze e i suoi guadagni, ma l'aria, i pascoli, le acque, il carattere restava quasi immutato dell'uno contro tutti e tutti amici fino a quando...non succede qualcosa di irreparabile, di incomprensibile o di inspiegabile.

La stabiesità si differenzia a secondo dell'appartenenza e della vicinanza mescolando il lecito con l'illecito, ma mai l'acqua della Madonna col  vino.

Tutti sanno sanno tutto e nessuno sa niente. Uno stabiese riesce a parlare per serate intere senza annoiarsi e, quasi quasi, senza dire niente che possa comprometterlo, tornare utile a risolvere i problemi esistenziali suoi e degli altri . Pensieri come l'acqua fresca e a volte parole piene di significati abbarbicate nei cuori con la stessa tensione, ricco o povero che sei.

Fantasiosi o cervellotici, capaci di imprese impossibili senza essere eredi di Houdinì. Alla nostra maniera diamo sapore al pane anche senza companatico senza rinunciarvi quasi mai.

Lo stabiese si sente padrone anche di quello che non è suo, se è stabiese anche lui è parte del bene che la città produce. Del male che ancora perdura fa finta di non capirne il significato o lo trasforma alla maniera di una rivendicazione sociale che si risveglia in lui quando la discusione arriva al nocciolo della questione irrinunciabile da secoli che rassomiglia più a una maledizione che a un regalo della natura.

Castellammare ha vissuto momenti di esaltazione che l'hanno fatta crescere realizzando cose che le fanno onore, ma continua a soffrire della carenza di un progetto di sviluppo sociale per il benessere diffuso di quelli che ancora la abitano.

                                                                                                                    G. Ruocco

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