lunedì 23 gennaio 2012

Il pranzo della domenica parte seconda: il dolce

Dolci napoletani


Nel post appena pubblicato qualche giorno addietro, avevo dimenticato il dolce che era sempre il capo famiglia ad acquistare. Soltanto lui sapeva quale pasticceria era la migliore e quella che dava affidamento.

Durante le feste di Natale i dolci quelli senza crema mio padre li acquistava da Sorrentino che aveva un laboratorio vicino piazza grande e un altro alla Prima traversa Mercantile a due passi dalla Compagnia Meridionale del Gas o Gazometro come più semplicemente veniva chiamata,

Ci passava davanti all'andata e al ritorno. Facevano di tutto, anche i confetti. In questa pasticceria gli acquisti avveniva soltanto a livello infrasettimanale, la domenica , invece, quando ne aveva voglia o gli era stato espressamente chiesto, si orientava a seconda dei gusti e della fantasia del momento. Quando voleva arrivava anche fino a Fontana grande all'altro laboratorio dei Sorrentino.

Castellammare non è molto grande ne in lunghezza ne in larghezza, con un pò di buona volontà la si può percorrere in lungo e largo nel giro di qualche ora. 

Da Scanzano è dura la risalita, da Mezzapietra ancora peggio e da Privati e Quisisana diventa un'escursione.
Sono distanze che misuro con il ricordo, ma ritornare a casa percorrendo Via Coppola o le due vie De Turris e poi le tre teso della Caperrina non è cosa da poco. Bisogna essere allenati per fare questo percorso o essere ancora ragazzi di buona lena.

Comunque le paste non sempre c'erano. Mi padre di preferenza tornava a casa col sacchetto dei frutti di mare.
Mia madre lo rendeva felice con un piatto di spaghetti al sugo di pomodoro, con un'insalata incappucciata con tanto limone e una manciata di frutti di mare.

I dolci all'epoca erano un lusso anche se le pasticcerie lavoravano la domenica a pieno ritmo mettendo sul mercato anche prodotti inusuali per la pasticceria napoletana.

Iazzetta faceva un biscotto che non so ben definire, ma era buono per più fare colazione, per accompagnare un cappuccino che a quei tempi non andava tanto di moda. Ricordo il colore scuro del ripieno e quello dorato o ambrato della pasta. Sembrava come uno strudel con un ripieno diverso fatto di nocciole, pinoli, uvetta sultanina e aromi vari.

Il caffè espresso furoreggiava, ma la miscela migliore la preparava un tostatore che aveva il laboratorio su via Roma dalle parti della ferrovia dello stato.

Tornando ai dolci la guantiera conteneva quasi sempre dodici paste grandi una diversa dall'altra. Raramente c'erano dei doppioni. Ricordo ancora i cannoli, le sfogliatelle ricce, le sfogliate, i babbà, i diplomatici, i bignè diversamente guarniti ,  quelli con la frutta che non erano i più preferiti.

Col tempo avevo capito, anche se era vero soltanto per convenienza, che a scegliere dovevano essere quelli più piccoli e poi i più grandi, così diventavo il penultimo. Accontendandomi avevo ancora una larga scelta in quanto nella guantiera di 12 paste ce n'erano ancora sei tra le quali riuscivo sempre a trovare quella che mi piaceva. I più piccoli erano volubili e ogni volta cambiavano obiettivo lasciando nel cabaret cose sempre diverse. Quelle che avanzavano erano destinate agli ospiti del pomeriggio o le consumavano debitamente ripartite a cena.

Comunque era una festa di cui mio padre di tanto in tanto ci faceva grazia.

Qualche domenica erano i vicini di casa a procurarci il dolce recapitandoci parte della torta che avevano preparato per qualche compleanno od onomastico. Si trattava quasi sempre di torte preparate in casa con risultati diversi quasi sempre sufficienti che non procuravano mai mal di pancia fino a quando mia sorella non chiese a mia madre di imparare a fare le torte che ci somministrava quasi come una cura.

Le pasticcerie a Castellammare non sono mai aumentate di numero: quelle che chiudevano venivano rimpiazzate dai lavoranti che, per non restare senza lavoro, erano quasi obbligati ad improvvisarsi imprenditori, ma i risultati non era più gli stessi. 

Oggi, quando ritorno a Castellammare, se voglio mangiare una buona pastarella  mi rifugio da Spagnuolo che continua imperterrito ad essere un punto di riferimento col suo Bar Gran caffè Napoli dove per anni ho acquistato i miei gelati, le mie prime pastarelle da sposato quando ritornavo e volevo far bella figura con i parenti. Catellino, l'ultima volta, mi ha salutato come se ci fossimo visti il giorno prima. Mi ha stretto la mano e mi ha detto di accomodarmi per servirmi come al solito la sfogliatella che preferisco.


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